Esoterismo
ed Essoterismo tratto da La Bibbia Rivelata – Iniziazione al linguaggio
esoterico della Sacra Scrittura di Michele Perrotta.
L’esoterismo, e con
esso l’interpretazione simbolica dei testi sacri, non ha
nulla a che vedere
con il satanismo o con altre pratiche occulte orientate a
far accrescere il
male.
Per “esoterismo” (dal
greco esotericos “interiore”) s’intende quella “scienza sacra”
che vieta di rivelare
a chi non sia iniziato ai misteri certe parti più intime
e segrete di un rito,
di un testo sacro e/o di una dottrina religiosa.
Detto ciò, e questo è sempre bene rimarcarlo, non può esistere un esoterismo
genuino senza una
vera Tradizione a cui esso sia per sua stessa natura
in qualche modo
legato.
Come del resto non esiste l’Ombra senza la Luce.
Il termine
“essoterico” (dal greco exotericos “esterno”), invece, è inerente a
quella parte di
dottrina o di una prassi religiosa la quale può essere conosciuta
anche dai profani (“coloro che sono al di fuori del tempio”) e
che è a tutti gli effetti esteriorizzata ed aperta a tutti.
L’esoterismo e
l’essoterismo sono due mondi paralleli che viaggiano all’unisono,
sono due vie capaci
di compenetrarsi l’un l’altra trasportando colui
che sa viverle in
armonia nel proprio intimo verso superiori stati di esistenza.
Oltre alle religioni
ufficiali sono sempre esistite organizzazioni esoteriche
dedite alla
trasmissione di insegnamenti spirituali segreti.
La separazione tra
riti esoterici ed exoterici fu rigorosamente osservata sin
dall’antichità.
Tuttavia i mistici da sempre possiedono nel loro cuore queste
due facce della
stessa medaglia proprio perchè sono vie diverse ma non separate
tra loro.
Sarebbe
questo il primo passo essenziale che condurrebbe il
vero Sé verso la
trascendenza:
fondere e armonizzare nella propria coscienza i due aspetti
apparentemente opposti.
Tutto questo avrebbe a che fare con ciò che viene
indicato con il termine “aspetto speculare della realtà”.
L’esoterista Rene
Guenon (1886 –1951), conosciuto anche con il nome di
Shaykh
‘Abd al-Wahid Yahya dopo la sua conversione all’Islam, nel libro
L’Esoterismo
Cristiano, una raccolta di alcuni suoi articoli sulle tematiche esoteriche
occidentali, rimarca
la connessione tra esoterismo ed essoterismo in
questi termini:
“
Una tradizione veramente iniziatica non può essere “eterodossa”, ed il
qualificarla
così significa invertire il rapporto normale e gerarchico che esiste fra l’interiore
e
l’esteriore. L’esoterismo non e contrario all’“ortodossia” , anche se intesa
semplicemente
in senso religioso; esso e al di sopra o al di la del punto di vista religioso, e
ciò, evidentemente, non è affatto la stessa cosa; ed in effetti, l’accusa
ingiustificata di
“eresia” fu spesso un comodo mezzo per sbarazzarsi di certa gente
che
poteva essere imbarazzante per tutt’altri motivi ”.
Per far comprendere
al lettore come queste due vie risultino essere entrambe
utili le compariamo,
ma questo è solo un piccolo esempio, ad uno strumento
musicale in piena
attività il quale, pur essendo di natura materiale e
tridimensionale,
fornisce al mondo la musica che però non può essere né
misurata e nè pesata
con gli strumenti mondani.
L’aspetto nascosto, in questo caso la musica,
diventa in questo senso più importante di quello visivo (lo strumento) poiché
sarebbe sostanzialmente il frutto stesso di tutto un determinato processo che diviene
vivente e presente nel nostro mondo, esattamente
come una dolce
melodia ben suonata con gli strumenti musicali da
uno o piu musicisti.
Per ottenere tutto questo e palesemente ovvio che c’e bisogno di entrambe
le cose: lo strumento, e con esso il musicista, e la musica.
L’esoterismo e
l’essoterismo si servono da sempre di due differenti modalità
di comunicazione che
sono i seguenti: Simbolo e Logos.
Il Logos non e
altro che la parola, o racconto, sottoposto ad uno schema mentale
mediante una precisa
narrazione, ed è essoterico.
Il Logos argomenta in sostanza ciò che è oscuro rendendolo vivente attraverso la narrazione stessa del racconto.
Il Simbolo,
invece, racchiude in sé una sintesi per sua stessa natura:
è un concentrato
raffigurativo che comunica direttamente nell’intimo
di colui che sa
comprenderlo.
Nonostante il suo collocamento sia esteriore, come può essere ad
esempio un crocefisso appeso ad un muro, il quale racchiude in sé tutto il
racconto inerente alla Passione di Cristo tratta dal Vangelo, il suo agire è interiore, ed è quindi un veicolo esoterico a tutti gli effetti.
In sostanza
l’uomo da sempre entrerebbe nel simbolo per uscire dal
tempo. Addentrandosi
in sostanza nei meandri del Sé.
Spesso i simboli
vengono presentati nel quotidiano e vengono trasmessi inconsciamente alle masse dando
origine ad una tradizione (senso essoterico);
mentre i simboli, che
invece vengono assimilati per conoscenza, quindi trasmessi
e/o ricevuti
attraverso un’iniziazione (senso esoterico), sono funzionali
a livello conscio e
precisamente vengono metabolizzati nella consapevolezza.
Per far comprendere
meglio questo nostro ragionamento dobbiamo
tener conto delle
differenze tra Logos e Simbolo, più precisamente tra il Logos
e gli Archetipi.
A
questo proposito azzardiamo un accostamento prendendo
le parole del grande
filosofo e libero pensatore Filippo Giordano Bruno
(1548-1600)
riguardanti il linguaggio sacro degli Egizi.
Nel De Magia il Nolano espone il
seguente concetto che rende bene l’idea della nostra argomentazione:
«“Essi
avevano a disposizione, per designare le singole cose, immagini
determinate,
desunte dalle cose della natura o da loro parti; tali scritture e
tali
voci adoperavano gli Egizi per intrecciare colloqui con gli dei ad esecuzione
di
effetti mirabili. Ma quando Theuth o qualcun altro invento le lettere del
genere
che
ora utilizziamo in altro tipo di attività, si verifico una perdita gravissima
sia
per la memoria sia per la scienza divina e la magia (gnosi/conoscenza).
Perciò,
a similitudine degli Egizi, i maghi oggi, costruite immagini e descritti
caratteri
e cerimonie, che consistono in certi gesti e in certi culti, comunicano i
loro
desideri quasi per mezzo di cenni definiti, e questa e quella lingua degli dei
che,
mentre le altre tutte sono mutate mille volte e quotidianamente mutano, rimane
sempre
la stessa, come resta la stessa la specie della natura”».
(De
Magia De Vinculis in genere)
I simboli, a parer
nostro, non mirano alla rivelazione in sé, semmai suggeriscono
la via per far sì che
questo velo, che non permette la “visione” o la
comprensione globale
della vera essenza delle cose, venga tolto.
Possiamo affermare quindi che quando
parliamo di velo in realtà non facciamo altro che menzionare l’ombra stessa della
Luce (Verità) e, ovviamente, anch’essa, secondo
l’aspetto speculare
della realtà, per sua stessa natura fa parte del linguaggio con cui l’Eterno
comunica e agisce su tutto.
Queste due vie
apparentemente in contrapposizione tra loro le possiamo intendere più precisamente in questo modo: la verità essoterica e immanente, mentre
quella esoterica e
trascendente: porta la coscienza in
superiori stati di esistenza rispetto alla percezione comune che resta
attaccata alla realtà mondana (rilegata a dottrine, concetti, insegnamenti, dogmi, tradizioni).
La funzione del
termine “religione” sarebbe appunto quella di “relegare” l’uomo
a determinate
credenze.
La religione ha di per se il compito e la pretesa di contenere e
salvaguardare l’aria del sacro custodendola dalle contaminazioni (eresie) esterne e,
attraverso i suoi rituali, eserciterebbe una sorta di “magia” o controllo
sui suoi fedeli.
Anche quando si esamina la Bibbia dobbiamo tener conto di due
tradizioni distinte che hanno messo mano in questi libri sacri: quella
di tipo sacerdotale, e con essa tutto un fulcro di insegnamenti inerenti alla
morale e alla dottrina del popolo, e quella iniziatica, che insegna, se pur
in modo velato (esoterico), a trascendere quelle stesse
leggi e quegli
insegnamenti a favore di un’armonia naturale con l’Assoluto,
indicata il più delle
volte con il termine Amore o via mistica del cuore.
Attraverso queste due
vie possiamo comprendere in maniera cristallina che
il sensibile non e
altro che il riflesso dell’intellegibile.
Sembrerebbe, infatti,
oltre che tutto abbia realmente una funzione speculare, che ogni cosa provenga dall’Uno.
Tra le tante
tematiche spiritualiste in questo saggio tratteremo dell’importanza
della cosiddetta
iniziazione al Sacerdozio di Melchisedech che si distinguerebbe
per la sua natura
mistica dal comune Sacerdozio di Aronne (queste
sono le due
tradizioni all’interno della Bibbia che citavamo poc’anzi).
Tale iniziazione, in
realtà si tratta di un’elevata dimensione spirituale, a differenza
del Sacerdozio di
Aronne in mano ai Leviti (tribù di Levi), non viene conferita
da nessuna
confraternita iniziatica, essa avverrebbe nell’intimo del devoto
nel momento in cui
egli riesce a far attingere la propria mente, grazie
alla contemplazione
del divino, direttamente all’archetipo ancestrale e primordiale.
Questa
contemplazione, che e totalmente mistica, risveglierebbe
nella memoria del
devoto un’antica essenza strettamente connessa all’Eterno
che gli permetterebbe
di agire nel mondo vedendo il tutto sotto un piano
di realtà assai più elevato.
In termini simbolici questa esperienza potrebbe esser spiegata,
pressappoco, con ciò che accadde a Saulo di Tarso, divenuto poi San Paolo,
folgorato nella via di Damasco, o con la rivelazione cristica nel momento in cui l’agnello
di Dio, il leone della tribu di Giuda, apre i sigilli nel Libro della
Rivelazione: si tratterebbe a tutti gli effetti di una Gnosi che, come un fuoco
purificatore, trasporta l’ego in comunione con gli elevati
aspetti archetipici e
simbolici dell’Altissimo.
Il Doctor Angelicus Tommaso D’Aquino
(1225-1274) tra le tante sue grandi massime scrisse una frase che puo ben
indicare il concetto appena espresso:
“Tu non possiedi la
Verità, ma e la Verità che possiede te”.
Tornando al binomio
tra esoterismo ed essoterismo, a
nostro avviso l’umanità è divisa in due tipologie di persone: quella che
percorre la via esoterica sarebbe strettamente legata all’intuizione e viene associata
nella Kabbalah con la sefirot Chokhma
(Sapienza), mentre
l’altra sarebbe vincolata al raziocinio, e nell’albero sefirotico
viene abbinata a Bina
(Intelligenza); quest’ultima è palesemente collocata
nella via essoterica.
Chokhma ha sede nell’emisfero destro ed ha la facoltà di elaborare idee
complesse e trascendentali che giungono nella mente dello gnostico come
la “folgore”.
Tale fenomeno può essere descritto anche come il
cosiddetto “lampo di genio”.
Qui l’intuizione del mistico (l’idea) coglie l’archetipo e
lo elabora come concetto nel proprio intimo arricchendolo di immagini.
Questa
via è strettamente associata all’essenza stessa del simbolo, del
mito, dell’enigma, ed ha una valenza artistica nell’animo dell’essere umano,
tutte facoltà tipiche del lobo destro del cervello.
Bina,
invece, risiede nel lobo sinistro, ed ha la facoltà di comprendere con
raziocinio
tutti gli elementi
esaminandoli attentamente con l’intelletto e con la logica.
Quest’ultima e la via
che la maggior parte dell’umanità utilizza, soprattutto
per la visione dei
testi sacri che risultano, se presi alla lettera, racconti
che narrano solo
verità teologiche fine a se stesse o addirittura diventano
comparabili a favole
per bambini.
Questa via essoterica
e in realtà la base, e l’involucro stesso, che permette all’iniziato
ai misteri di
intraprendere il cammino di penetrazione della dimensione
del sacro. Entrambe
le vie sono indispensabili per la comprensione
della realtà e,
soprattutto, per l’assimilazione del messaggio simbolico
contenuto nella Sacra
Scrittura.
L’iniziato, ovvero colui che si e totalmente immerso nel sacro
rispetto al profano (“colui che e al di fuori del tempio”), ha il dovere di far
congiungere questi due modi di intendere la realtà per far sì che gli archetipi e i
simboli ritornino vivificati nella giusta armonia attraverso le immagini ed il
Logos stesso narrato nella “fabula”: la narrazione del testo.
Tutte le
illuminanti idee che sono sbocciate in invenzioni, specialmente
quelle “partorite”
dalle menti geniali di vari iniziati, derivano da questo
archetipo ancestrale,
che altri non è che una sorta di mente di Dio che
vede ogni cosa
(El-Roi).
Il grande filosofo Aristocle, conosciuto al mondo più per il suo
soprannome, Platone, indica questo luogo con il termine di Iperuranio.
E
in questo regno, o se preferiamo dimensione, “sopra il cosmo”, che nascono le forme
(immagini), gli archetipi e, di conseguenza, tutto il linguaggio simbolico che viene
proiettato e consolidato nel nostro mondo attraverso la Luce.
L’anima
dell’uomo, sempre secondo il medesimo concetto
platonico, una volta
trapassata si recherebbe in questo luogo dove attingerebbe
a queste informazioni
dettate dagli eterni impulsi di Iperuranio per
poi reincarnarsi
nuovamente nel mondo materiale detenendo però in sé tutto
il sapere simbolico
che viene riposto e conservato nell’inconscio piu profondo.
Sarebbe in questo
luogo che le idee prendono forma all’interno dell’intelletto
dell’essere umano: la
Luce divina che brilla nuovamente nell’uomo.
Idee,
Vestigia, Ombre, questa sarebbe la tripartizione secondo cui l’archetipo
prende forma nel
mondo.
Per lo meno questo era il pensiero del filosofo nolano Giordano
Bruno.
Per Platone la ricerca della conoscenza e la vera meta dell’uomo
e, di conseguenza, conoscere tali archetipi equivarrebbe in qualche modo a
conoscere il linguaggio di Dio.
Tornando alle illuminanti
idee dei grandi iniziati, citiamo a tal proposito
Ruggero Bacone, il
quale descrisse come costruire un cannocchiale nel De
Optica
secoli prima che fosse inventato realmente; come non parlare delle
idee rivelatrici di
Pico della Mirandola (1463-1494), poi ampliate dalla
mente di Giordano
Bruno se pur in modo differente, sul Divino, il cosmo
e sulla natura, o
quelle di Cartesio sull’essere; impossibile non citare le invenzioni
scientifiche di
Leonardo Da Vinci (1452-1519) e Newton (1642-1727), o la musica
celestiale di W.A. Mozart (1756-1791) basata su una determinata
legge numerica.
Questi sono solo alcuni esempi di inziati che furono “pervasi dallo
spirito”, o dall’illuminazione divina, e considerati da tutti geni assoluti della
storia dell’umanità.
Il merito di questi illustri personaggi non e stato di certo
influenzato da presunti patti con il Diavolo, o da un intervento di
entità extraterrestri per favorire la crescita stessa dell’umanità, bensi da quello che
nell’antichità veniva indicato come “sapere degli
dei”
che altro non sarebbe che la profonda ricerca interiore di potenti archetipi
che ha portato,
grazie ad un elevatissimo sforzo mentale, soprattutto
spirituale, al
congiungimento del proprio intimo con l’Eterno, il quale ha
in qualche modo
“suggerito”, sotto forma simbolica, tali verità riattivando
la memoria in questi
straordinari uomini sensibili.
Secondo tale concetto le opere elaborate da
questi immensi autori sarebbero dovute ad una sorta di stato di grazia come
se in loro lo spirito del Creatore stesso abbia in qualche modo travasato le
diverse informazioni che successivamente vennero riconosciute dal mondo intero come
potenti verità immortali.
Ricordare queste
verità primordiali equivarrebbe in qualche modo a riattivare
la nostra parte
divina: la scintilla di Luce creatrice che tutto muove e
tutto conosce.
La
dottrina platonica della Reminiscenza non e altro che questo:
apprendere
attraverso il ricordo.
Nell’antichità questi
archetipi erano celati nei miti; tali verità sono all’interno di storie sugli
dei che si rapportano con l’umanità e che, oltre all’antica Grecia sono
presenti anche nel simbolismo delle divinità dell’India e, se pur in modo
diverso, anche nella Bibbia.
I miti greci celano
di per sè nel loro racconto queste verità primordiali detentrici
di un potere psichico
che porta all’evoluzione dell’intimo di chi riesce
a comprenderlo e a
metabolizzarlo nel proprio cuore, il Sancta Sanctorum
del vero Se.
Il mito costituisce la piu ricca e preziosa fonte di
informazioni sulla nostra storia
attraverso cui la narrazione stessa, rivestita sempre di sacralità,
ci narra; tutto questo viene velato nel mito stesso negli strani rapporti tra
gli uomini, spesso rappresentati come eroi, e gli dei.
La verità archetipica diventa
mito sotto forma di racconto, poi muta in simbolo
e, infine, diventa
tradizione.
Questa raffigurazione vivente di idee e di verità ancestrali,
che hanno tutte una loro storia nella mitologia, venivano indicate
nell’antichità con il termine di “statuificazione”.
La statuificazione e un processo di
sintesi mnemonica in grado di concentrare attraverso il mito concetti elevati e
teorie complesse.
Questo sarebbe il senso stesso del linguaggio simbolico
(iniziatico) che dalla “fabula” ritorna alla fonte attraverso il percorso
anagogico, da Anagoge, trascendente, ovvero dall’intimo dell’iniziato si espande
nell’universale, come se si trattasse realmente di un ritorno al Dio padre (Abba).
Nell’arco della propria esistenza spesso l’uomo viene attraversato dal Logos
di Dio, anche se quasi mai se ne rende conto, soprattutto grazie alla
tradizione dei testi sacri che, colmi di archetipi, realmente accarezzano l’anima
dei meritevoli, coloro che sono aperti alla sola legge mistica dell’Eterno:
l’Agape .
Esotericamente il Logos o Verbo di Dio
feconderebbe così l’intimo dei
mistici, i quali, una volta compreso il messaggio archetipico ed il
linguaggio simbolico dei testi sacri, si ricongiungerebbero alla Luce da cui
tutto proviene.
In termini simbolici potremmo sintetizzare il tutto in questo
modo: Il Sole e la rappresentazione simbolica del mondo archetipico da cui
tutto proviene, mentre la Terra incarna il mondo fisico delle forme e delle
immagini dove l’uomo, adoratore del Sole, può tuttavia comprendere il tutto
per iniziare il cammino inverso sperando di far ritorno alla Luce: ritornare
alla fonte.
Per lo meno questo era un pensiero in voga nell’antichità.
Gli
antichi avevano compreso e messo in atto una verità assoluta: l’unica
maniera per preservare determinati segreti e determinate verità nel corso dei secoli
era mediante il mito, attraverso storie che narrano vicende simboliche
capaci di rendere in comunione la mente dell’uomo con l’essenza archetipica
di Dio.
«La
verita non e venuta nuda nel mondo, ma e venuta in simboli e immagini.
Non
la si puo afferrare in altro modo ».
(Vangelo
Gnostico di Filippo)
Paradossalmente, e
questo lo possiamo riscontrare di continuo, è più il mito
che fa la storia che
non gli uomini.
Il mito e costituito da archetipi immortali, mentre l’uomo è solo
di passaggio in questo longevo fiume che è la vita stessa.
Ecco
perché i testi sacri, colmi di archetipi, riecheggiano intensamente
e costantemente nei
cuori delle persone più dei normali libri di storia,
che narrano di fatto
solo vicende mondane.
Nel Vangelo,
ritenuto a nostro avviso il più grande libro iniziatico di tutti i
tempi, queste verità vengono rappresentate dal Logos divino nell’uomo
Gesù, il Cristo.
Il
Logos successivamente diventa, attraverso gli Apostoli, kerigma,
“l’annuncio” o
“proclamazione cristica” (per tutta l’umanita), ma già
a quel punto
l’archetipo perde purezza rispetto a ciò che era prima di essere
rivelato, prima di
“farsi carne”, poiché, oltre a discendere in un “mondo inferiore”,
viene in qualche modo
“contaminato” e veicolato direttamente o
indirettamente dai
concetti intellettuali elaborati dagli uomini.
In questo senso il Logos
incarnato non rappresenta più un impulso puro e diretto dell’archetipo ancestrale stesso,
anche se il Vangelo conserva in sé, malgrado le
interpolazioni,
frammenti di quella verità, come della verità assoluta stessa.
Tutto ciò sarebbe
pressappoco analogo allo stesso esempio che abbiamo riportato
in precedenza sugli
Egizi tratto dal De Magia di Giordano Bruno:
l’Archetipo diventa
Logos perdendo in qualche modo la sua purezza divina.
Nonostante ciò nel
Vangelo Gesù appare come un uomo ma agisce come
Dio.
E questo vale
ancora oggi!
Il suo messaggio resta divino.
Nella storia del Nazareno
ritroviamo sacri principi primordiali che riecheggiano anche
nelle vicende di
Horus e di tutta una determinata iniziazione egizia, da cui
non a caso proviene
lo stesso Mosè, colui che ha costituito il popolo ebraico.
Nel Vangelo troviamo
inoltre la sapienza dei Magi proveniente dallo
Zoroastrismo e,
soprattutto, una determinata continuità rilegata alla stirpe
di
Giuda, la discendenza sacra agli occhi dell’Eterno da cui è germogliato il
Re
Davide. Su questo importantissimo tema ci soffermeremo più avanti.
sia verità storiche
con nomi e luoghi riscontrabili nella storicità ufficiale.
Purtroppo, come
spesso accade all’essere umano, l’uomo tende ad ontologizzare
la storia, per questo
molte verità celate nei testi sacri, che hanno un
importante valore
simbolico, vengono disperse o non arrivano nei cuori delle
genti nella corretta
maniera ma solo sotto il loro aspetto letterale o storico.
Questi due aspetti
apparentemente in contraddizione (esoterico ed essoterico)
vengono nella Bibbia
rappresentati dallo stesso Messia Gesù di
Nazaret, il quale
incarna sia il Logos di Dio, sia il simbolo di tutto ciò che
viene descritto e
vissuto dai profeti nell’Antico Testamento e che, per l’iniziato
ai misteri, deve
essere Via, Verita e Vita (Gv. 14:6) a De Imitatione Christi.
La vicenda di Gesù di
Nazaret viene infatti vissuta dal credente come storia
realmente accaduta in
questo piano di realtà, collocabile in un determinato
contesto storico
intorno a duemila anni fa, mentre per l’esoterista, come per
lo gnostico, ciò che
conta in questa vicenda è il suo significato simbolico riconducibile al
proprio essere.
In questo senso il linguaggio simbolico del testo sacro funge da
veicolo per la coscienza la quale si connetterebbe a delle verità superiori da
cui l’archetipo stesso narrato nella “fabula” proviene attivando un processo di
trasformazione della psiche e dello spirito.
Cristo rappresenta per i comuni
cristiani l’incarnazione di Dio, il Logos incarnato,
mentre per i
cristiani gnostici simboleggia la nostra parte spirituale che, se
riconosciuta e
“risuscitata” nel nostro intimo, ci conduce nuovamente al
Padre.
Attraverso la
sua “alleanza”, simboleggiata dal suo sacrificio (Mc.14:24),
il simbolismo di Cristo ci porta in comunione con l’Eterno rendendoci
partecipi di una
verità assoluta: tra l’uomo e Dio c’e distinzione, ma
non separazione.
A
differenza delle religioni ufficiali, le correnti esoteriche
sono detentrici di
una dottrina segreta che, a detta degli iniziati, sarebbe la
retta via per
raggiungere la realizzazione spirituale:
« A
voi (Apostoli/Iniziati) e stato confidato il mistero del regno di Dio; a quelli
di
fuori invece tutto viene esposto in parabole, perché: guardino, ma non vedano,
ascoltino,
ma non intendano, perché non si convertano e venga loro perdonato».
(Marco
4:11-12)
L’esoterismo si
preoccupa di per sé, attraverso il linguaggio simbolico, di fornire
i frammenti di verità seminati in differenti tradizioni e che sono il più
delle volte rivestiti
o contornati da un velo accecante.
La funzione di tutto ciò sarebbe quella di
condurre nuovamente l’umanita alla vera e unica Tradizione.
Le
religioni sono per loro stessa natura settarie, i simboli al loro interno, invece, sono
universali e polivalenti.
Tutte queste tradizioni, come le spine di un
roseto, in realtà sono figlie del medesimo seme di cui i vari simboli universali
presenti al suo interno, che ne ricoprono il mistero, di per sé hanno la funzione
di unire, di congiungere, determinate idee, concetti,
oltre che i vari
archetipi concentrati in essi.
L’iniziazione è sostanzialmente la conquista di un
sapere che, attraverso il linguaggio simbolico ed esoterico delle vicende narrate
nei miti e nei testi sacri, accresce l’essenza spirituale nell’uomo;
l’iniziazione ai misteri, che in passato veniva trasmessa da bocca
ad orecchio, da
maestro a discepolo, vivifica a tutti gli effetti gli archetipi
assopiti e
preesistenti nell’essere umano; non è un ripetere a pappagallo
ciò che è stato appreso
a livello teorico come una semplice catechesi.
Gli iniziati, anche se sarebbe più corretto utilizzare il vocabolo adepti in quanto appartengono ad un livello più elevato rispetto ai primi, furono coloro che die-
dero voce e forma
alla parola dell’Altissimo elaborando i testi sacri della
Bibbia con un
accurato linguaggio simbolico nato appositamente per trasmettere
le verità trascendentali al “popolo eletto”.
Il termine Adepto significa
letteralmente “colui che ha acquisito” ed è equivalente all’iniziato che
ha raggiunto un’elevata meta spirituale.
In greco “morire” si indica con il
termine Teleutan, mentre “essere iniziati” si dice “Teleisthai”.
dell’iniziando poichè essi sarebbero sostanzialmente l’uno il frutto dell’altro.
Bisogna, infatti,
morire simbolicamente (“morte rituale”) per divenire
iniziati ai misteri.
Questo processo consisterebbe nel far morire il nostro essere precedente
(quello che eravamo) per donare una nuova vita all’uomo “nuovo” attraverso
una resurrezione simbolica.
L’iniziazione porta sostanzialmente a “vedere”,
attraverso l’occhio interiore (l’intuizione), il regno invisibile non
percettibile con la sola ragione. Si tratterebbe a tutti gli effetti di riuscire ad
ottenere una “visione” che va ben al di là della comprensione logica.
La chiave di
lettura iniziatica di un testo sacro o anagogica sfugge
alle masse, va
conquistata, ed è faticosa da raggiungere; non serve che essa
venga spiegata da
qualche dotto, poichè chi non possiede in cuor suo la capacità
di comprendere a
livello animico tali verità velate è destinato a non
“vedere” mai
l’impronta di Dio nella Sacra Scrittura.
Dobbiamo aprire il cuore e lasciarsi
impressionare da Sacro per accedere nel Regno.
Tuttavia per intraprendere la via
anagogica è necessario comprendere in tutti i suoi aspetti la chiave letterale
di un testo sacro per poi trascenderla totalmente. Solo
così l’impavido può scalare le alte vette della “Montagna sacra” e percorrere
un’ascesi verso gli
stati superiori del se.
Attraverso il
seguente linguaggio: Silenzio-Logos-Simbolo il mistico riesce a
conoscere la vera
“voce” di Dio, ed è grazie alla mente, che incanala e proietta
tutte le energie
dell’universo, e al cuore, che permette di edificare tutto ciò
che è sacro
all’interno di noi, che egli puo raggiungere le alte cime della trascendenza.
Il mistico, a
differenza del razionalista, si immerge totalmente nelle ricerca di
qualcosa di più elevato che va ben al di là della condizione mondana nella quale
egli vive; trascende la realtà attraverso la sete di conoscenza e non cade nelle
trappole costruite da concetti relegati alla ragione.
Non si trascende
infatti la realtà con la ragione, ma con il totale abbandono
dell’ego.
Il mistico è a tutti gli effetti uno gnostico in perenne viaggio verso
la resurrezione: è un’anima alla continua ricerca della condizione paradisiaca
del Sé, un umile
pellegrino che ama giostrarsi nelle sfere del sovrasensibile.
In questo saggio non
faremo altro che tentare di provare a sfiorare e
spiegare questa
infinita ricerca di trascendenza mistica, dato che a parer nostro
esiste ancora il
mistero dei misteri attorno alla Bibbia e, di conseguenza,
intorno a Dio: quello
che le religioni istituzionalizzate non rivelano, o
che forse realmente
non conoscono, e che potrebbe essere celato nella filosofia
platonica,
nella dottrina pitagorica, nella kabbalah, nell’ermetismo,
nell’alchimia
e in alcuni
insegnamenti particolari dello Yoga.
Tutte tematiche sacre
presenti all’interno del Rosicrucianesimo.
Sembra, infatti, che
alcuni cristiani del rinascimento tutto ciò lo avessero intuito e ben compreso!
modo sotterraneo,
vengono presentati in questo nostro lavoro dopo anni e
anni di duro studio
con l’aggiunta di nostre personalissime interpretazioni.
«Il
Signore Dio mi ha dato una lingua da iniziati, perché io sappia indirizzare
allo
sfiduciato una parola. Ogni mattina fa attento il mio orecchio perché io
ascolti
come gli iniziati. Il Signore Dio mi ha aperto l’orecchio e io non ho opposto
resistenza,
non mi sono tirato indietro».
(Isaia 50:4-5)
*******
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*******
MICHELE P.