Misticismo - Esoterismo
La Rosa come Simbolo dell'Anima in evoluzione.
La Mistica dell'Anima - Il Nettare della Rosa
mercoledì 25 dicembre 2013
I RACCONTI DI BELZEBU' A SUO NIPOTE di G.I. Gurdjieff
Georges Ivanovič Gurdjieff (Alexandropol, 14 gennaio tra il 1866 e il 1877 – Neuilly, 29 ottobre 1949) è stato un filosofo, scrittore, mistico e "maestro di danze" armeno.
Il suo insegnamento combina sufismo e altre tradizioni religiose in un sistema di tecniche psicofisiche che cerca di favorire il superamento degli automatismi psicologici ed esistenziali che condizionano l'essere umano.
L'insegnamento fondamentale di Gurdjieff è che la vita umana è vissuta in uno stato di veglia apparente prossimo al sogno.
Per trascendere lo stato di sonno (o di sogno) elaborò uno specifico lavoro su sé stessi al fine di ottenere un livello superiore di vitalità e consapevolezza.
La sua tecnica prevede il raggiungimento di uno stato di calma e isolamento, a cui segue il confronto con altre persone.
Dopo aver attratto a sé un consistente numero di allievi e discepoli tra i quali vi erano persone di una certa rilevanza, fondò una scuola per lo sviluppo spirituale, chiamata Istituto per lo Sviluppo Armonico dell'Uomo.
Gurdjieff fu noto anche come insegnante di danze sacre.
La Scuola, una volta a Parigi, prende il nome di Institut Gurdjieff.
Negli anni, l'insegnamento di Gurdjieff ha influenzato diversi personaggi noti della cultura e della letteratura: fra questi, uno dei più importanti architetti statunitensi del XX secolo, Frank Lloyd Wright, che sposò in seconde nozze Olgivanna Hinzenberg, allieva di Gurdjieff e che gli tributò un pubblico riconoscimento durante un congresso svoltosi dopo la morte del maestro.
Suoi allievi furono anche la scrittrice Pamela Lyndon Travers, nota per avere creato il personaggio di Mary Poppins e René Daumal, scrittore francese che entrò in contatto con le sue idee attraverso Alexandre Gustav Salzmann, oltre alla celebre poetessa e scrittrice Katherine Mansfield che, affetta da tubercolosi, volle passare l'ultimo periodo della sua vita accanto al Maestro, vivendo quasi come un eremita in una casetta che Gurdjieff le aveva offerto nella sua tenuta.
Fra i discepoli attuali più noti, il regista teatrale inglese Peter Brook, il cui film Incontri con uomini straordinari e la sua autobiografia "I fili del tempo" riportano ampie testimonianze della sua vicinanza all'insegnamento di Gurdjieff, il cantautore e regista Franco Battiato e Alice (cantante).
L'influenza gurdjieffiana, inoltre, è presente anche nella pedagogia grazie al "Modello educativo Etievan", creato da Nathalie de Salzmann de Etievan (figlia di Alexandre e Jeanne de Salzmann) e applicato in diversi collegi del Sudamerica, diffusi tra Venezuela, Cile e Bolivia.
LA QUARTA VIA
Gurdjeff propose una sua personale classificazione delle tradizioni spirituali esistenti:
* La prima via, la "Via del Fachiro", basata principalmente su un lavoro sul corpo.
* La seconda, la "Via del Monaco", basata principalmente su un lavoro sul sentimento.
* La terza, la "Via dello Yogi", basata principalmente su un lavoro sulla mente.
Secondo Gurdjieff, le "vie" tradizionali per lo sviluppo interiore dell'uomo risultano inadatte alla vita dell'uomo occidentale, in quanto richiedono l'abbandono della vita ordinaria per dedicarsi interamente ad esse.
* La Quarta Via, la "Via dell'uomo astuto", pone l'accento sull'armonizzazione dell'uomo in tutte le sue parti costituenti, permettendogli di poter continuare la propria vita quotidiana normalmente.
La sua particolarità consiste nell'essere attiva nella vita di tutti i giorni, perché propone l'apprendimento di un "Sapere" antichissimo, tramandato esclusivamente oralmente e per pratica diretta, con il quale l'uomo addormentato può risvegliarsi dal suo torpore profondo, iniziare a conoscere se stesso, ed "aprirsi" a quelle zone luminose interiori, inesplorate e Sacre, attraverso il primo raggiungimento di una nuova qualità di Essere.
Per maggiori Info: http://it.wikipedia.org/wiki/Georges_Ivanovi%C4%8D_Gurdjieff
*******
I RACCONTI DI BELZEBU' A SUO NIPOTE
Ad una prima lettura, questo libro pantagruelico e rigoroso è intimidatorio persino per lettori abituati a digerire testi complessi.
Esso non elargisce i propri tesori ad un’analisi prematura o superficiale, e non ci si dovrebbe lasciare sconfiggere dall’apparente oscurità impenetrabile, né essere fuorviati dal fatto che, sebbene prenda la forma di un pionieristico romanzo di fantascienza, I racconti di Belzebù sia in realtà un veicolo di grandi idee e rivelazioni filosofiche, religiose e psicologiche.
Le barriere e le complessità del libro non sono mai il risultato di una mera postura letteraria.
Esso è labirintico per varie ragioni: perché la portata, profondità ed interrelazione di ciò che Gurdjeff cerca di fare, le proporzioni mitiche e gli elementi epici che ne rafforzano la struttura, le molte idee profonde ed inquietanti che esso contiene eludono una facile comprensione.
Il lettore serio tiene conto dell’apparentemente pomposo ma autenticamente “amichevole consiglio” di Gurdjeff secondo cui è solo dopo una terza lettura completa che si può veramente incominciare a “cercare di scandagliare la sostanza.”
Ciò che Gurdjeff cerca di fare non è nulla di meno di ciò che la sua serie di libri immodestamente intitolata si propone di presentare, ovvero tutto ed ogni cosa che abbia veramente importanza.
Il titolo principale di questa prima serie "I Racconti di Belzebù A Suo Nipote":
Una Critica Obiettivamente Imparziale della Vita dell’Uomo, è il titolo su cui si impernia la struttura del libro.
Viaggiando attraverso l’universo sulla nave interspaziale (Astronave) Karnak con il proprio nipote Hassein, Belzebù si impegna ad accrescere l’istruzione del ragazzo.
Hassein è un dodicenne sensibile, intelligente e curioso.
Nel corso del loro lungo viaggio, Hassein pone molte domande a Belzebù a proposito degli strani esseri tricerebrali che abitano un piccolo pianeta nel remoto sistema solare nel quale Belzebù fu bandito per effetto del suo ribellismo giovanile.
Hassein si sforza di comprendere perché gli esseri tricerebrali del pianeta prendano “l’effimero per Reale.”
Poiché Belzebù esiste su un piano di tempo che si estende a migliaia di anni terrestri, ed era stato bandito su Marte da eoni, il suo esilio gli offre l’occasione di osservare da vicino gli abitanti del nostro pianeta.
Belzebù racconta le sue storie ed impiega queste osservazioni della Terra dal suo osservatorio su Marte e da sei discese sulla Terra, apparentemente per istruire Hassein, ma, di fatto, per offrirci una critica imparziale della nostra vita.
Questa struttura di trama fornisce a Gurdjeff una piattaforma epica che si tiene in equilibrio fra un capitolo introduttivo di cinquanta pagine, intitolato “L’insorgere del Pensiero” ed un capitolo finale di uguale lunghezza “Dall’Autore.” In questi lunghi capitoli, Gurdjeff parla al lettore con la sua propria voce.
Verso la fine, Gurdjeff fa finalmente riferimento (e quindi, nel suo modo caratteristico, solo di passaggio) alla nostra diminuita capacità di concentrare “l’attenzione attiva” ed alla nostra dipendenza dal flusso di “associazioni automatiche.”
Egli indica che il flusso di “associazioni automatiche” dentro di noi prenda il posto di ciò che egli chiama “processo mentale di un essere attivo,” e che l’attenta lettura del suo libro possa aiutarci a sviluppare questa funzione latente.
Parlare di iperbolico sarebbe troppo poco in relazione ai Racconti di Belzebù.
Unito da così tanti punti di vista, può darsi si tratti del solo libro scritto in cui l’autore abbia studiato attentamente le reazioni del suo pubblico così attentamente per più di due decenni e lo abbia riscritto tenendo a mente queste osservazioni.
Nulla in questo libro, o nelle reazioni del lettore, è accidentale.
I Racconti di Belzebù rimane, come senz’altro Gurdjeff intendeva, il primo terreno d’incontro per chiunque sia interessato nel prendere conoscenza diretta con lui e con le sue idee.
I Racconti di Belzebù fu pubblicato la prima volta con il titolo All and Everything: Ten books in three series of which this is the First Series a New York da Harcourt Brace nel 1950 in 1238 pagine ed a Londra da Routledge & Kegan Paul nel 1950 in 1238 pagine.
Salvo le variazioni di titolo, che consistono in aggiustamenti delle frasi All and Everything, Belzeub’s Tales e An Objectively Impartial Criticism of the Life of Man, la correzione in corso di errata corrige e l’inclusione di due paragrafi omessi nella prima edizione, il testo del libro è rimasto come pubblicato la prima volta da Gurdjeff nel 1950.
Da allora, il testo è stato ripubblicato in copertina rigida ed in paperback da Dutton, Routledge e Kegan e più recentemente nel 1999 da Penguin /Arkana in un’edizione paperback con correzione cumulativa di errori di ben scarsa portata contenuti nelle edizioni precedenti.
L’eccezione è Belzebub’s Tales to His Grandson: An objective Impartial Criticism of the Life of Man.
All and Everything/First Series [Revised Edition] pubblicato a New York e a Londra da Viking Arkana nel 1992 di 1135 pagine, senza la prefazione editoriale né la descrizione di scopo, metodo e fonti.
Questa revisione è in un Inglese contemporaneo più accessibile che non la versione precedente.
Si basa in gran parte sulla traduzione francese del 1956 ed incorpora un nuovo studio del manoscritto russo; entrambi i quali sono alquanto differenti in alcuni punti rispetto al testo Inglese.
Fonte: http://www.gurdjieff.org/driscoll3.it.htm
*******
Fino al 1924, G.I. Gurdjieff aveva insegnato alla maniera orientale, comunicando le sue idee a un piccolo gruppo di allievi, sempre e solo in modo diretto sia nella teoria che nella pratica, senza mai permetter loro di trascrivere le indicazioni ricevute.
Ma quell'anno, in seguito a un grave incidente, egli ritenne che fosse giunto il momento di far conoscere l'insieme delle sue idee "in una forma accessibile a tutti".
Si trattava cioè di evocarle in un libro che potesse suscitare nel lettore sconosciuto una nuova e inabituale corrente di pensieri; perciò egli decise di adottare la forma, comune alle grandi tradizioni, di un racconto mitico "su scala universale" e tuttavia centrato sul problema essenziale: il significato della vita umana.
Allora, pur senza abbandonare le sue altre attività, si piegò al mestiere di scrittore, con la prontezza e il vigore che lo caratterizzavano e con quell'abilità artigianale che in gioventù gli aveva permesso di imparare tanti altri mestieri.
L'opera fu scritta in condizioni spesso difficili e nei luoghi più disparati.
Man mano che procedeva la stesura, egli ne faceva leggere ad alta voce i brani, che poi rielaborava.
Qualche anno più tardi, portato a termine il suo compito, Gurdijeff non aveva scritto solo un libro, bensì una serie di libri.
A questo insieme monumentale egli diede come titolo Di tutto e del Tutto.
I Racconti di Belzebù a suo nipote ne costituiscono la prima parte.
Sin dall'inizio intorno al libro si crea una leggenda: il suo carattere insolito fa sì che molti lo dichiarino impubblicabile.
E tuttavia nel 1948, un anno prima della sua morte, Gurdijeff ne fa preparare l'edizione in diverse lingue, e nel '50 viene pubblicato simultaneamente in America, in Inghilterra e in Austria.
Da allora è stato tradotto e pubblicato in decine di paesi, e in Italia la prima edizione, da lungo tempo esaurita, viene oggi ripresentata in versione riveduta.
Se la pubblicazione di questo libro è stata sin dall'inizio un avvenimento culturale, essa è certamente ancor più un avvenimento umano: giacché si rivolge a chiunque porti in sé le domande fondamentali a cui, a suo avviso, né la scienza né la filosofia moderna hanno dato risposta.
Questo libro sarà allora un'avventura forse difficile in una terra sconosciuta e sconcertante ma, se ha risvegliato il desiderio di viverla, sarà certamente un'avventura straordinaria.
I RACCONTI DI BELZEBU' A SUO NIPOTE (Pdf - Ebook)
I racconti di Belzebù a suo nipote (G.I. Gurdjieff) - pdf - In quiete
*******
"Appena sorge qualche nuova religione, i suoi adepti si dividono subito in vari gruppi, e ciascun gruppo costituisce ben presto una setta. L’aspetto più strano di questa particolarità è che gli esseri appartenenti a una setta non danno mai a se stessi il nome di “settari”, perché sembra loro offensivo: son chiamati “settari” solo gli altri, quelli che non appartengono alla loro setta.
Ma dal tempo della civiltà tikliamuishiana e più particolarmente ai nostri giorni, “sapienti” sono quasisempre gli esseri che “ripetono” indefessamente la maggior quantità possibile di vuote informazioni d’ogni sorta, simili alle tiritere delle vecchiette su ciò che secondo loro si diceva nel buon tempo antico.
Laggiù quanto più uno immagazzina nozioni che non ha mai verificate, e ancor meno vissute e sentite, tanto più viene considerato dagli altri un “sapiente”. E siccome in generale non c’è e non ci può essere su alcun pianeta del Nostro Grande Universo una quantità sufficiente di beni necessari ad assicurare a ciascuno un guale benessere esteriore a prescindere da quelli che vengono chiamati i “meriti oggettivi”, ne consegue che laggiù il benessere di uno si edifica sempre sulla disgrazia di molti.
L’individualità integrale di ogni uomo deve essere necessariamente costituita di quattro personalità ben determinate e distinte.
La prima personalità indipendente non è altro che l’insieme del funzionamento automatico, tipico dell’uomo come degli animali. La totalità di questo funzionamento automatico viene chiamato per ignoranza da quasi tutta la gente “conscio”, o nel migliore dei casi, “pensiero”.
La seconda personalità è costituita dalla somma dei risultati dei dati che si depositano e si fissano nella presenza dell’uomo.
La terza parte è costituita sia dal funzionamento di base del suo organismo, sia dal gioco delle manifestazioni riflesso-motorie reciprocamente interagenti al suo interno.
La quarta personalità non è altro che la manifestazione dell’insieme dei risultati del funzionamento ormai automatizzato delle tre personalità precedenti. È ciò che gli esseri chiamano “io”.
La sfortuna degli uomini contemporanei deriva essenzialmente dal fatto che, grazie agli assurdi metodi usati ovunque per educare le giovani generazioni, la quarta personalità, che dovrebbe essere presente in ogni uomo appena raggiunta l’età responsabile, è del tutto assente, sicchè tutti, o quasi, possiedono solo le prime tre parti già descritte che, per giunta, si sono formate a casaccio e da sole".
(Tratto da I Racconti di Belzebù a suo nipote)
*******
MICHELE P.