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mercoledì 25 dicembre 2013

LA MESSA IN Cm K427 di W.A.MOZART
















Nella storia della musica la messa in Do minore di Mozart rappresenta uno dei maggiori lasciti della musica sacra del secondo '700 ed idealmente si può considerare come il tratto d'unione fra la Messa in Si minore di Johann Sebastian Bach e la Missa solemnis in Re maggiore di Ludwig van Beethoven che intraprenderà strade diverse.



MESSA IN Cm K27


La Messa in Do minore (in tedesco Große Messe in c-Moll) K 427 (K6 417a), nota anche come Grande Messa, è una messa composta da Wolfgang Amadeus Mozart a Vienna dal negli anni 1781-1782.

L'opera è incompiuta.


Mozart si impegnò a comporre una Messa come voto, affinché la futura sposa Costanze allora ammalata guarisse e una volta divenuta sua moglie potesse condurla a Salisburgo per farla conoscere al padre Leopold che si opponeva al matrimonio.

Il 4 agosto 1782 il matrimonio ebbe luogo a Vienna, nel duomo di S. Stefano e il giorno seguente giunse anche il sospirato consenso del padre. Il viaggio a Salisburgo dovette attendere sino a luglio del 1783 sia per gli impegni di Mozart che per la gravidanza di Costanze che il 17 giugno 1783 diede alla luce il primo figlio che vivrà appena due mesi.


A Salisburgo Mozart arrivò con la partitura della messa composta per oltre la metà: Kyrie e Gloria erano completi, Sanctus e Benedictus erano composti "in particella" (la parte vocale, primo e secondo violino, basso e le parti principali dell'orchestrazione), il Credo in forma di abbozzo e non completo, l'Agnus Dei nemmeno iniziato.

La celebrazione votiva ebbe luogo nella chiesa arciabbaziale benedettina di San Pietro con brani presi da altre composizioni sacre e non nella cattedrale di Salisburgo che dipendeva da Colloredo che non aveva dimenticato la repentina interruzione del rapporto di lavoro.

Mozart non lavorò più a quest'opera.

Tra i motivi possiamo citare un editto imperiale del 1783 che limitava l'esecuzione di musica sacra con orchestra nelle chiese.


STILE


L'opera rappresenta il ritorno di Mozart alla musica sacra dopo gli anni salisburghesi.

Per la prima volta nella sua vita egli compone una messa senza i vincoli stilistici impostigli dall'arcivescovo Colloredo; non deve quindi sorprendere se nello spartito troviamo uno sfoggio di fantasia e ispirazione inusuale rispetto alla sua produzione precedente.


Il Kyrie inizia con una breve introduzione orchestrale la cui drammaticità è resa più acuta dagli strumenti a fiato prima e dall'ingresso del coro di impostazione arcaica.


Sull'introduzione del Kyrie non è molto chiara, su alcune partiture, la presenza di un quarto trombone, il trombone soprano, strumento pochissimo usato anche a quei tempi, presente solo nel kyrie, e nelle edizioni di oggi eliminato dal brano.


Con il Christe eleison la musica si addolcisce e l'assolo del soprano viene accompagnato dal coro e dai fiati.

La ripresa del Kyrie ci riporta alla drammaticità di partenza.

Il Gloria, molto ampio, si compone di sette episodi tra cui Laudamus te (cantabile), lo struggente pezzo per soprano Domine Deus (con accompagnamento contrappuntistico degli archi), Quoniam (nella forma di terzetto), Jesu Christe (un adagio), Cum Sanctu Spiritu (una fuga di raffinata composizione), il suggestivo Qui tollis (in Sol minore con doppio coro ad otto voci e basso ostinato).


Il Credo pur solamente abbozzato conteneva tuttavia abbastanza informazioni per un suo completamento ragionevolmente fedele.

Il Sanctus che culmina con la doppia fuga nell'Osanna è composto per doppio coro.


Il Benedictus è un pezzo che unisce complessità formale ad una estrema raffinatezza.

Kyrie e Gloria sono stati riutilizzati da Mozart nella cantata oratoriale del 1785 Davide penitente (K 469).


Fonte: http://it.wikipedia.org/wiki/Messa_in_Do_minore_K_427

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GUIDA ALL'ASCOLTO


I due massimi capolavori di Wolfgang Amadeus Mozart nell'ambito della musica sacra, la Messa in do minore K. 427 (K. 417 a) e il Requiem in re minore K. 626, rimasero entrambi incompiuti.

Fu la morte a fermare per sempre la mano di Mozart mentre vergava il Lacrimosa del Requiem, mentre l'incompiutezza della Messa deve essere attribuita a cause meno tragiche.

Mozart aveva infatti iniziato a comporla per una sua autonoma decisione, uscendo per una volta dal sistema della committenza che regolava la produzione musicale dell'epoca; ma i tempi non erano maturi perché un musicista potesse liberamente dedicare il suo tempo a una composizione priva d'una precisa destinazione e quindi la Messa in do minore fu messa da parte a favore di lavori più urgenti.

Invece Mozart non lasciò mai a metà le musiche sacre connesse ai suoi impegni salisburghesi.

Non dipendere per una volta da una precisa committenza permise però a Mozart di concepire liberamente questa Messa su una scala più ampia e complessa, mentre fino allora aveva dovuto ottemperare alle imposizioni del suo "padrone", il principe-arcivescovo di Salisburgo, che dalla musica sacra pretendeva semplicità e brevità.


La Messa in do minore non obbediva dunque a una committenza, ma fu concepita da Mozart come un'offerta votiva per il superamento delle difficoltà che si frapponevano al suo matrimonio e allo stesso tempo come un dono all'amata Konstanze.

In una lettera inviata al padre da Vienna il 4 gennaio 1783, il ventisettenne Wolfgang rivela di aver fatto "una promessa nel [suo] cuore" e che "la migliore prova di questa promessa è la partitura d'una Messa che ancora aspetta d'essere completata".

Da questa stessa lettera si deduce che fin dall'inizio Mozart pensava di far eseguire la sua Messa a Salisburgo.

Effettivamente la prima volta che si recò da Vienna a Salisburgo dopo il suo matrimonio portò con sé la partitura e continuò a lavorarvi, ma il giorno previsto per l'esecuzione, il 26 ottobre 1783, la Messa era ancora incompiuta e probabilmente venne integrata con pezzi di altre messe di Mozart.


Il giorno dopo il compositore ripartì per Vienna e non avrebbe più visto la sua città natale, né avrebbe più portato a termine questa Messa, di cui aveva scritto per intero il Kyrie, il Gloria e il Sanctus-Benedictus, mentre il Credo era interrotto all'Incarnatus est e per di più era lacunoso nell'orchestrazione e l'Agnus Dei mancava totalmente.

Due anni dopo, a Vienna, avrebbe riutilizzato il Kyrie e il Gloria nell'oratorio Davide penitente K. 469.


Nonostante l'incompiutezza, la Messa in do minore è la più vasta, complessa e impegnativa composizione sacra di Mozart.


Come Bach nella Messa in si minore e Beethoven nella Missa solemnis, anche Mozart riprende qui gli stili della musica sacra delle epoche precedenti, quasi a voler ancorare saldamente la sua Messa alla tradizione.


Attinge a Bach e Händel, da lui scoperti e studiati proprio in quegli anni, e anche agli italiani, come Caldara, Porpora e Pergolesi, scrivendo una "personale summa theologica del sacro in musica, i cui principi vengono desunti da una sterminata eredità artistica dagli orizzonti europei, sviluppata più in estensione geografica che in profondità storica, non rimontando oltre i limiti del XVIII secolo, il solo che il compositore ritenesse attingibile e spiritualmente frequentabile" (Giovanni Carli Ballola).


Subito il Kyrie rivela la compenetrazione dell'elemento oggettivo dello stile sacro con quello soggettivo dell'espressione individuale, quando la severa polifonia corale e la voce grave e maestosa dei tromboni vengono amalgamate nell'intima e sofferta tonalità di do minore, o quando il dolente cromatismo del motivo dei soprani e dei contralti viene sviluppato in rigoroso stile imitato.

Al centro del Kyrie s'inserisce il luminoso solo per soprano del Christe, affettuoso omaggio alla moglie Konstanze, che cantò questa parte nella prima esecuzione della Messa.


Il Gloria si apre con una chiara reminiscenza dello stile di Händel, evidente nella stretta alternanza di possenti e gloriosi accordi e di dinamici ed esultanti passaggi contrappuntistici, con una citazione quasi letterale dell'Alleluja del Messiah.

Tutto il Gloria è concepito su scala monumentale ed è diviso in otto numeri.


Un'aria tripartita col "da capo" (Laudamus Te), un duetto per due soprani (Domine Deus) e un terzetto per due soprani e tenore (Quoniam tu solus sanctus) si alternano a due possenti episodi corali a cinque voci (Gratias agimus) e a doppio coro (Qui tollis).

È suggellato dalla grandiosa fuga del Cum Sancto Spiritu, che fornisce una conclusione adeguatamente solenne, che però Mozart sottrae a ogni manierata magniloquenza con l'inserzione di elementi del moderno linguaggio sinfonico, apportatore di un'emozione più viva e drammatica.


L'incompiuto Credo consta di due sole parti, entrambe lacunose nell'orchestrazione, che può tuttavia essere completata senza problemi insormontabili.

Il primo pezzo è un maestoso coro a cinque voci, fitto di riferimenti alla musica tardobarocca, a cominciare dall'ampia introduzione orchestrale, memore ancora una volta di Händel, in particolare delle sue Ouvertures.


L'Et incarnatus est è un altro solo offerto alla voce dell'amata Konstanze: una pagina nel cullante ritmo di siciliana, raccolta, tenera, delicata, che trasfigura il virtuosismo vocale in estatico lirismo, come nel lunghissimo vocalizzo della cadenza che unisce al soprano tre strumenti obbligati (flauto, oboe e fagotto).


È stato più volte sottolineato lo stile italianeggiante di questo brano.

Dopo questa melodiosa aria Mozart ritorna alla grandiosità tiel doppio coro col Sanctus, questa volta senza reminiscenze barocche ma con sintetico e audace stile moderno, culminante nel possente "pieni sunt coeli et terra gloria tua", che sembra raffigurare musicalmente tutta la magnificenza divina.


Qui s'innesta la fuga dell'Osanna, nel cui serrato contrappunto si scorge chiaramente Bach.


Il Benedictus è riservato alle quattro voci soliste ma non concede nulla a dolcezze melodiche d'ascendenza operistica e procede con un aspro e spigoloso contrappunto, mentre modulazioni tipicamente mozartiane a tonalità minori immergono il brano in un'atmosfera inquieta e ansiosa, prima della trionfale ripresa della fuga dell'Osanna.


Fonte: http://www.flaminioonline.it/Guide/Mozart/Mozart-Messa427.html

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W."A".MOZART- MESSA Cm K427 - KYRIE



ET INCARNATUS EST


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"...L'essere umano, che ha tentato sin dal principio di carpire e dipingere Dio, ha lasciato alle generazioni successive numerose tracce di un cammino spirituale che mostrano  la crescita compiuta dall’uomo attraverso i secoli per elogiare e compiacere Dio, passando dall'antropologia alla poesia, dall'arte alla musica, dalla psicologia alla teologia, fino ad arrivare davvero a toccare l'interiorità della propria anima con l'esperienza mistica.  Come non  ricordare San Francesco d'Assisi, che ha talmente amato Dio da spogliarsi di tutti i suoi beni materiali, mettere in pratica gli insegnamenti del  Vangelo  e   ricevere doni divini, quali le Stigmate ed altre facoltà miracolose, tra cui il saper trasmettere agli animali energie positive ed il riuscire a comunicare con essi. Come non  menzionare anche Srì Caitanya Mahaprabhu, un mistico indiano vissuto circa 500 anni fa, che è stato tanto fedele a Dio con la Bhakti (amore e devozione per il Signore) che una particolare corrente spirituale Vaisnava lo ha definito l'Avatara (“colui che discende”) di Dio stesso. Anch’egli ha compiuto cose straordinarie nel corso della sua esistenza.  Ne è una riprova esplicita persino la sacra drammaticità e la bellezza fatta in musica della Messa in Do minore K.427 di W.A.Mozart.
Dio è amore e l'anima individuale che ne deriva  è della stessa sostanza del Padre. Ciò determina che tutte  le anime hanno una  propria individualità e posseggono  in minima parte attributi divini....".
(Estratto dall'Introduzione al Testo del libro Rivelazioni sull'incarnazione - Verità, simboli e archetipi dai regni superiori di Michele Perrotta - Ediz. Youcanprint)

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"Kyrie eleison, Christe eleison."


MICHELE P.