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Dio, Teologia, Misticismo, Filosofia, Gnosi, Esoterismo.

mercoledì 25 dicembre 2013

IL TEMPIO E I TEMPLARI DEL GRAAL - TEMPIO E CONTEMPLAZIONE di HENRY CORBIN















In questo post proponiamo due capitoli tratti dal libro di Henry Corbin "L'Immagine del Tempio":
"Il Tempio e i templari del Graal" e "Tempio e contemplazione".

Michele P.

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Henry Corbin (1903-1978) è stato tra i più originali interpreti del pensiero filosofico e mistico dell’Islam. Succeduto a Louis Massignon nella cattedra di Islamistica alla Sorbonne, l’influenza di Corbin ha varcato i ristretti confini disciplinari.

Tra le sue opere pubblicate in Italia e più volte ristampate: Il paradosso del monoteismo; Storia della filosofia islamica; L’alchimia come arte ieratica ; Corpo spirituale e terra celeste.  



IL LIBRO

Ogni tentativo di costruire o ricostruire una teosofia del Tempio, di spiegare la ricorrenza delle ierofanie dell'Imago Templi, dovrà sostare a lungo presso la comunità degli esseni di Qumrān, la cui eredità suprema fu di trasmettere, sviluppato in una vasta letteratura, il messaggio del profeta Ezechiele. Non sono passati trent’anni dalla scoperta del primi «rotoli» nascosti nelle grotte del deserto di Giudea, ma la letteratura sull'argomento è tale che è ormai difficile per lo studioso dominarla per intero. L’analisi di Henry Corbin toccha quattro punti principali: la critica qumranica del Tempio di Gerusalemme; il simbolismo del nuovo Tempio come Tempio spirituale; il simbolismo della piantagione, dell'Acqua, dell'alta montagna; il motivo della liturgia celeste che pervade, come «escatologia in atto », tutta la spiritualità qumranica e quella ad essa ispirata.  


DAL TESTO

“...La posizione della comunità di Qumrān nasce, come sappiamo, da una severa critica rivolta contro il Tempio allora esistente a Gerusalemme, cioè il secondo Tempio edificato da Zorobabele nel 515 a.C. Alla condanna irrevocabile di questo Tempio e dei suoi sacerdoti si contrappone la visione del Tempio celeste di cui la comunità stessa è, nella sua struttura, Simbolo e anticipazione. Le idee, le immagini, le espressioni teologiche che si trovano nel libro di Ezechiele, sono usate dagli esseni di Qumrān per presentare la loro teologia del Tempio. Come apprendiamo dal documento noto come «documento di Damasco», a causa del tradimento di coloro che l’hanno abbandonato, Dio ha distolto il suo volto da Israele e dal suo Tempio, abbandonandoli al nemico. Ezechiele diceva: «A causa dell'infedeltà della casa di Israele verso di me: per questo ho nascosto ad essi il mio volto» (39, 23)...”  



INDICE DELL’OPERA

L'immagine del Tempio – Avvertenza - Tempio sabeo e contemplazione -
1. Rituale sabeo e Tempio spirituale - 2. Esegesi ismailita del rituale – Note - La configurazione del Tempio della Ka’ba come segreto della vita spirituale - 1. Le forme spirituali - 2. La struttura del Tempio della Ka'ba - 3. Il senso esoterico del pellegrinaggio al Tempio della Ka'ba - 4. «Potestas clavium» - Note - «Imago Templi» e norme profane - 1. La «Imago Templi» alla «confluenza dei due mari» - 2. La «Imago Templi» e la distruzione del Tempio – 3. Ezechiele e il Nuovo Tempio come restaurazione cosmica – 4. La «Imago Templi» da Ezechiele a Robert Fludd – 5. Il Tempio spirituale e la comunità di Qumrān - 6. La «Imago Templi» e la cavalleria templare – 7. Il Tempio e i Templari del Graal - 8. La «Imago Templi» e i Figli della Valle – 9. La «Nova Hierosolyma»: Swedenborg - 10. «Scioglimento»: Tempio e contemplazione – Note - Elenco delle abbreviazioni - Indice dei nomi.


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IL TEMPIO E I TEMPLARI DEL GRAAL


Per "spiegare" i vari aspetti del ciclo del Santo Graal sono stati profusi, per molte generazioni, tesori di erudizione filologica. Sfortunatamente il metodo dello storicismo letterario (come i rischiosi virtuosismi della psicoanalisi) è inadeguato al compito che qui ci interessa.


Bisognerebbe augurarsi che, come la Bibbia, anche il ciclo dei poemi del Graal nel suo insieme venisse letto dai "credenti" non come un "corpus" letterario ma come la "Bibbia del Santo Graal", e nello stesso modo in cui un Filone, un Origene, uno Swedenborg hanno letto la Bibbia.

Molti non vedono o non vogliono vedere nella Bibbia nessun senso esoterico.


Tuttavia, secolo dopo secolo, questo senso esoterico, nei suoi molteplici aspetti, si è imposto alla lettura di coloro che sapevano leggere.

Non è questo il luogo adatto per riprendere la discussione, tanto più che tra "coloro che vedono" e "coloro che non vedono" il dibattito è senza via d'uscita. Un'ermeneutica del Graal, che coordini in forma sistematica i dati del "corpus" in tutta la sua ampiezza, è un compito ancora da affrontare.

Ma qui ci stiamo occupando dell'Imago Templi: sotto quale forma, dunnque, ci appare il Tempio del Graal?

Diciamo subito, per semplificare, che l'immagine del Tempio emerge in tutta chiarezza dal castello del Graal, dal Gralsburg, come viene descritto nel "corpus" germanico della "Bibbia del Graal".


Il fondatore della dinastia dei guardiani del Graal è qui il re Titurel.

Il Tempio sarà opera sua.

Abbiamo accennato poco fa al Titurel di Wolfram von Eschenbach.

Nel Parzival dello stesso poeta, il Tempio del Graal1 viene menzionato espressamente in occasione del battesimo di Feirefis, il fratellastro pagano di Parsifal.

Fino a quel momento (cioè fino al quinto Libro) si tratta soltanto della dimora, della casa del Graal, o, per così dire, del "castello-tempio".


Solo nel Nuovo Titurel (Der Junge Titurel) di Albrecht von Scharfenberg (tra il 1260 e il 1270) l'Imago Templi appare in tutto il suo splendore architettonico.

(La grande epopea del Nuovo Titurel contiene 6000 strofe di sette versi, cioè 42000 versi complessivi, di cui non esiste ancora una traduzione, neppure in tedesco moderno.)

Anche qui il ciclo del Graal si sviluppa in un'epopea del Tempio, che culmina tra il Tempio di Salomone sul monte Moriah e la Gerusalemme Celeste.


Così l'intera teologia e l'intera spiritualità del Tempio raggiungono una delle loro vette sulle altezze di Montsalvat, supporto della ierofania costituita dal Tempio del Graal.

Dagli insegnamenti di Titurel si sprigiona infatti tutta una teologia del Tempio, una teologia completa come quella che abbiamo trovato a Qumrān e in altri luoghi privilegiati.
















Questa teologia si compie in un'escatologia che assegna finalmente tutto il suo senso alla cavalleria dei Templari del Graal in rapporto a quella dei Templari storici.


Troviamo qui la descrizione del Tempio, le sue corrispondenze, quella insomma che si può chiamare la teologia del Tempio del Graal.



LA DESCRIZIONE DEL TEMPIO DEL SANTO GRAAL


Si tratta di una descrizione grandiosa.

Nel paese di Salvaterra sorge un'alta montagna di nome Montsalvat. Il re Titurel l'ha circondata di un'alta muraglia e ha costruito sulla sua cima un castello superbo, il Gralsburg.

Qui decide di fondare un tempio per il Graal: fino ad allora infatti il Tempio non ha avuto una sede stabile, ma planava tra cielo e terra sostenuto da Angeli invisibili.


L'edificio è costruito con pietre e materiali preziosi di ogni genere: predomina l'oro; il mobilio è di legno di aloe.

Le pietre sono scelte secondo i princìpi dell'arte di Pitagora e della scienza di Eraclio.


La roccia della montagna è onice.

Ogni erba e ogni strato di terra sono stati tolti: la superficie di onice brilla di splendore pari a quello della Luna. Su questa superficie appare un mattino, proiettata dal nulla, tutta la pianta del Tempio, completamente tracciata.

La base stessa forma uno zoccolo dello spessore di due tese.


Tra il bordo della base e il muro del Tempio vi è tutto intorno uno spazio di cinque tese.


In verticale l'edificio forma un'alta volta sostenuta da colonne di bronzo: è interamente decorato d'oro e di pietre preziose (di cui vedremo più avanti il significato mistico).

Le finestre sono contornate di berillo e cristallo lucente.

Le vetrate, colorate o incrostate di pietre preziose, attenuano il bagliore della luce.

Anche il tetto è d'oro, incrostato di minerali preziosi perché il suo splendore non accechi.


La costruzione del Tempio del Graal avvenne sotto la stessa assistenza del Cielo che aveva permesso la costruzione del Tempio di Salomone, Templum Domini Throni, a Gerusalemme.

Le pietre venivano portate già tagliate in modo che durante la costruzione del Tempio non risuonasse il minimo rumore di martello o scalpello. E così avvenne per i costruttori del Tempio di Titurel: tutto era inviato loro dal Graal.


L'alta volta centrale è ricoperta di zaffiro, in modo da presentare l'immagine della volta celeste col suo azzurro splendore, ed è disseminata di piccoli punti luminosi che brillano come stelle nell'oscurità della notte.



Vi è un'immagine del Sole, fatta d'oro, e una della Luna, d'argento.


Messi in movimento da un ingegnoso orologio nascosto i due astri camminano senza posa attraverso un superbo zodiaco: cembali d'oro annunciano l'avvicendarsi dei giorni.


L'insieme del Tempio forma un'alta e vasta rotonda divisa in un certo numero di cori sporgenti verso l'esterno.


Alcuni manoscritti ne contano 72, altri danno la cifra di 22.

Le due cifre, come vedremo più avanti, hanno un significato aritmosofico e non sono in contraddizione fra loro.

Chi sollevasse poi delle riserve sulle proporzioni gigantesche dell'edificio con i suoi 72 cori, dimenticherebbe che il Tempio del Graal è situato "alla confluenza dei due mari", in una "Terra di Luce" che non è retta dalle leggi della fisica.


In ognuno dei cori l'altare è orientato, cioè rivolto verso est.

Anche il coro principale è rivolto a Oriente: la sua misura è doppia delle altre (nel caso dei 22 cori si ha quindi un totale di 22+2, cioè 12x2 = 24) e il suo aspetto più sontuoso.


Esso è consacrato allo Spirito Santo.

I cori successivi sono dedicati a ognuno degli undici apostoli, mentre i quattro evangelisti sono rappresentati da quattro statue di Angeli con le larghe e alte ali spiegate che dirigono l'attenzione verso il Trono celeste.

Tre portali danno accesso al Tempio: a ovest, a sud, a nord. Sopra il portale occidentale si trova un organo di fattura e potenza straordinarie.



Infine, al centro della rotonda, si trova il Sancta Sanctorum, un piccolo edificio che riproduce, come un microcosmo, l'intera struttura del grande Tempio, con la differenza che invece di avere molti cori esso ha un unico altare.

Le torri che all'esterno fiancheggiano il grande Tempio sono qui sostituite da cibori con immagini di santi.

In questo Sancta Sanctorum è conservato il Graal, sospeso a mezz'aria, così che lo spazio sottostante forma un largo sacrarium.


Il rapporto architettonico tra il grande Tempio e il microcosmo corrisponde al rapporto tra il Tempio esteriore e il Tempio interiore dell'uomo come microcosmo.

La meditazione che interiorizza la visione del Tempio costruito da Titurel conferirà a questo il suo pieno significato mistico.

Si tenga ancora presente che l'edificio ha, nel suo insieme, l'aspetto di una semirotonda gotica raddoppiata in modo da diventare un cerchio perfetto.


Ora, potrebbe esservi, a nostro parere, un profondo significato esoterico nella sparizione delle chiese templari a pianta circolare a favore del coro gotico, che si presenta come un semicerchio aperto sul rettangolo della basilica.



LE CORRISPONDENZE


Il Tempio del Graal concepito da Titurel è un'immagine deI Tempio cosmico.

Vi si distinguono tre zone: mediana, inferiore, superiore.


La zona mediana è formata dai 22 (+ 2 = 24) e dai 72 cori.

Alberi artificiali carichi di Angeli e di uccelli; sul pavimento una foresta di fiori, gigli e rose; sulle mura smeraldi di un verde splendente: tutta la rotonda offre lo spettacolo di un giardino incantato, di una Terra trasfigurata, di un paradiso terrestre.


La zona inferiore si trova sotto la pavimentazione a lastre di cristallo, trasparenti come l'acqua. In questo mare di cristallo, pesci e altre creature sono messi in movimento da un meccanismo ingegnoso.

La zona superiore corrisponde alla cupola rivestita di zaffiro, che riproduce la volta celeste con tutte le costellazioni.


Il Tempio è quindi la rappresentazione vivente del cosmo: cielo, terra, acqua.

Si può anche dire, come nei casi precedenti, che il Tempio è il legame tra il celeste, il terrestre, il sotterraneo. In quanto tale il Tempio del Graal è un santuario situato al centro del mondo: Montsalvat è la montagna al centro del mondo.


Abbiamo ricordato che Albrecht von Scharfenberg non manca di riferirsi al Tempio di Salomone: non che vi sia una corrispondenza architettonica tra i due, perché il Tempio di Salomone non è l'archetipo architettonico del Tempio del Graal, ma Albrecht vede i due Templi come complementari.

Anche il Tempio di Salomone era stato costruito per essere dimora della Šěkhīnah, cioè della Presenza divina.


Il Tempio di Titurel è stato costruito per essere la dimora del Santo Graal, e questo fatto può contenere forse qualche indicazione sulla natura stessa del sacro calice.


Il Tempio del Graal non è un edificio di ispirazione e di finalità ecclesiastica: non è insomma una tra le tante chiese della cristianità.


E il ciclo del Graal, sia che esso prenda origine da Titurel o da Giuseppe di Arimatea, primo vescovo cristiano, sembra ignorare completamente la gerarchia romana.


Il Tempio del Graal realizza nel ciclo del Nuovo Testamento il Tempio corrispondente all'edificio innalzato da Salomone nel ciclo dell'Antico Testamento.

Ecco perché i due templi hanno fruito della stessa assistenza divina. Sarà quindi  opportuno meditare le convergenze funzionali tra il Tempio circolare del Graal e l'edificio, già citato (vedi p. 224), noto con il nome di "Cupola della Roccia" (Qobbat al-Ṣaxra).


Quest'ultimo sorgerebbe nel punto preciso del Sancta Sanctorum del Tempio salomonico e lo si trova raffigurato sull'antico sigillo dei cavalieri templari.

La sua pianta (un cerchio inscritto in un ottagono), prototipo di alcune chiese templari, raffigura il santuario ideale di un regno di Salomone cristiano.


Ma per la sua origine l'edificio appare anche come il santuario di un regno di Salomone islamico.



La roccia sacra vi assume una funzione omologa a quella della Ka'ba.


L'edificio è un tempio- reliquiario, la cui reliquia è proprio questa roccia umbilicus Terrae, punto di partenza di tutta la Creazione e luogo del Sancta Sanctorum.

L'Imago Templi invita dunque alla riunione delle grandi famiglie della tradizione abramica, di tutte le "comunità del Libro" (Ahl al-Kitāb).

Questa convergenza dovrebbe essere meditata ricorrendo alla guida della visione di un altro tempio che nel capitolo finale del Nuovo Titurel è dichiarato paragonabile soltanto al Tempio del Graal. Questa meraviglia architettonica è la cappella palatina che sorge nel paese del misterioso Prete Gianni.


È un "Oriente" che sarebbe vano cercare sulle nostre carte, come si illudono di poter fare i letteralisti: in questo "Oriente", paese mistico del Prete Gianni, Titurel e Parsifal trasporteranno infine il Santo Graal ormai nascosto agli occhi dei mortali, come il Tempio che annuncia la Gerusalemme celeste.


Ma vediamo almeno in quale direzione può ancora essere condotta la ricerca del Graal, e quindi qual è il senso della vocazione di Titurel, costruttore del Tempio.


Attraverso di lui si compie il passaggio dal Tempio di Salomone alla Gerusalemme celeste della visione giovannea.


La gesta di Titurel sono indissociabili da quelle dei costruttori del primo e del secondo Tempio, Ḥīrām e Zorobabele, così come sono indissociabili le tre ierofanie dell'Imago Templi: Tempio di Salomone, Tempio del Graal, Tempio giovanneo, cioè la Gerusalemme celeste.


Indissociabili poiché ognuno di essi si riferisce al tempio spirituale costituito dalla "Chiesa interiore", l'Ecclesia Johannis. È qui tutta la teologia del Tempio del Graal.



LA TEOLOGIA DEL TEMPIO  DEL GRAAL


Titurel stesso, nel suo grande "discorso del Trono", ci dà l'interpretazione del Tempio del Graal.

Egli espone qui la sua dottrina del Tempio e si rivolge ai giovani perché si mettano al servizio dello Spirito con la virtù che il Graal esige.

Naturalmente l'interpretazione data dal poeta, Albrecht von Scharfenberg, per bocca di Titurel, non è esauriente, perché tende a far emergere l'aspetto teologico lasciando però aperta la strada ad altre interpretazioni.


Il primo particolare che colpisce è l'età di Titurel: il poeta gli attribuisce quattrocento anni, ma egli ha la bellezza, il vigore, la giovinezza di un uomo di trenta.

Il segreto di questa giovinezza è l'identificazione di Titurel col suo Tempio: ogni uomo ha per sempre l'età del suo Tempio.


L'inizio della costruzione del Tempio ha segnato per Titurel una seconda nascita, il dies natalis a un livello di realtà superiore.


I trent'anni della costruzione del Tempio saranno per sempre la sua età, perpetuando nel tempo il rigoglio della sua giovinezza.


Questa è la regola del Tempio (vedi le righe di Vladimir Maximov poste in epigrafe).

Un secondo particolare interessante, che prelude alla grande spiegazione del Tempio, è l'importanza conferita al ruolo dell'arcangelo Michele.

Da una parte, come preludio alla ierostoria del Tempio, viene l'evocazione delle coorti angeliche che combattono al comando dell'arcangelo Michele: la sua discesa sull'alta montagna di Salvaterra e il trasferimento, lassù, della cavalleria del Graal.


Dall'altra, come postludio, viene l'immagine dell'arcangelo Michele come colui al quale spetta la funzione di "pesare le anime".

Come la comunità di Qumrān sperimentava la presenza invisibile delle potenze angeliche al cui fianco conduceva la lotta contro i figli delle Tenebre, così i Templari del Graal sono i compagni delle milizie celesti.

L'Imago Templi, nel trentesimo anno della sua edificazione, guida l'ingresso nella lotta.


La pesatura del "bottino" conquistato guida la meditazione del Tempio preparando l'uscita da questo mondo: di qui l'insistenza sul doppio ruolo dell'arcangelo Michele.


La meditazione interiorizzante trasformerà ogni pietra del Tempio in una virtù.

Ed è questo che permetterà al poeta di far apparire la Gerusalemme celeste attraverso il Tempio del Graal, nel "discorso del Trono", dopo aver ricordato il Tempio di Salomone.


Nello stesso tempo viene stabilita la connessione tra il Graal e la vocazione di coloro che lo hanno in custodia.

In ogni momento essi fanno al Santo Graal l'offerta di un cuore puro.






La cavalleria esige degli uomini la cui anima abbia la virtù del "diamante" (adamas).


Il termine non è scelto a caso: esiste infatti una connessione esote-rica tra quella che potremmo chiamare una "mineralogia sacra" e l'antropologia mistica, la concezione dell'uomo implicita nella teologia del Tempio del Graal.


Poiché tutti i minerali preziosi entrano nella sua composizione, il Tempio diviene la parabola, la similitudine dell'Uomo.

Il fatto è che il senso del Tempio di Titurel è di promuovere la formazione del Tempio nell'uomo, di investirlo dell'Imago Templi.


Come il Tempio è costruito con i materiali più nobili, così deve esserlo anche l'uomo, perché Dio vuole abitare l'anima umana. Parabola dell'uomo individuale, in primo luogo, ma anche parabola della comunità umana, dal momento che, attraverso l'invisibile azione dei suoi cavalieri, lo Spirito farà coincidere i limiti della comunità del Graal con l'umanità intera.


Per la trasformazione interiore dell'uomo, la meditazione che interiorizza la virtù di ogni pietra approfondendo il simbolismo di ciascuna riveste un ruolo essenziale.


Abbiamo nominato il diamante: vengono poi citate le dodici pietre preziose che portava Aronne quando penetrò nel Tempio.

Il numero dodici richiama poi i dodici apostoli ai quali la cristianità deve la diffusione della sua fede (si pensi anche alle dodici pietre preziose che si trovano nelle fondamenta della muraglia della Gerusalemme celeste: Apoc. 21, 19-20).



Vengono quindi menzionati gli effetti di ogni pietra preziosa, sia sull'uomo interiore che sul suo corpo.

Questa mineralogia sacra indica che il segreto del Tempio del Graal, trasposto all'uomo individuale, è il segreto della purificazione e della nobilitazione di tutta la sua persona.

Conoscere il "linguaggio" dei minerali preziosi appare quindi come una condizione preliminare per partecipare al nutrimento dispensato dal Graal.


È vero che il processo è circolare: l'uomo deve acquisire le virtù per preparare dentro di sé una dimora al Santo Graal, ma queste virtù, a loro volta, non possono procedere che dal Graal.

Punto di partenza e punto di arrivo coincidono.

Ma questo circolo, rivelando il rapporto tra i minerali preziosi e l'essere essenziale dell'uomo, rivela allo stesso tempo il rapporto tra l'uomo e il Graal.


Fino alla costruzione del Tempio il Graal non poteva essere toccato che dagli Angeli.


Ora esso tollererà il contatto degli uomini, ma solo di quelli che hanno acquisito la virtù-diamante. Ed è questa la cavalleria del Graal.


Siamo ora in grado di comprendere il rituale e le liturgie del nostro Tempio.

È significativo che delle tre grandi feste cristiane (Natale, Pasqua, Pentecoste) la Pentecoste occupi un posto molto più importante delle altre due (una riga per le prime due, un'intera strofa per la terza).



Il fatto è che la Pentecoste è la festa più importante del Tempio del Graal: il coro principale del Tempio è consacrato allo Spirito Santo (vedi sopra, p. 238) e la spiritualità dei cavalieri del Graal è dominata dal mistero della Pentecoste.

Nella Queste del Saint Graal il Santo Graal si manifesta ai cavalieri riuniti attorno a re Artù la sera della Pentecoste: "Sentirono avvicinarsi un rumore di tuono (...) Ed ecco che entrò un raggio di sole che rese la sala sette volte più chiara di prima.
Coloro che erano là furono come illuminati dalla grazia dello Spirito Santo." Per lungo tempo tutti rimangono muti, poi appare "il Santo Graal coperto da un pezzo di seta bianca ma nessuno poté vedere chi lo portava".


L'indomani la Ricerca del Graal ha inizio.

La festa della Pentecoste nel Tempio del Graal non è una semplice commemorazione dell'effusione dello Spirito. Abbiamo visto prima (pp. 215 sgg.) che nella comunità-tempio di Qumran la liturgia celeste era escatologia realizzata.


Qui la liturgia del Graal è la Pentecoste realizzata, l'evento "al presente". E questo perché l'effusione del Paraclito non si è compiuta una volta per tutte nel passato: è sempre futura, la comunità continua sempre ad attenderla.


La norma del Tempio, anche qui, è lo iam et nondum: già e non ancora (vedi sopra, pp. 210 sg.).

Di qui il persistere dell'esoterismo cristiano (vedi pp. 219 sgg.) di cui è monumento il ciclo del Graal.


L'Imago Templi di Titurel è la stessa che domina tutto l'orizzonte paracletico, compresa l'Ecclesia Johannis dei gioachimiti (vedi pp. 215 sgg.).


Come si diceva poco fa, il Graal prima del "tempo di Titurel" è il Graal sostenuto in aria dalle mani invisibili degli Angeli.

Il "tempo di Titurel" è il "tempo del Tempio", il ricorrere del mistero liturgico "al presente".


Il Graal può ora essere toccato dai suoi cavalieri e moltiplicarsi indefinitamente in ogni anima che avrà raggiunto la purezza richiesta. Già prima (pp. 193 sg.) la nostra attenzione si era soffermata sull'affinità che si può scorgere tra l'Imago Templi della Gerusalemme celeste nell'esoterismo ebraico e l'idea del Tempio mistico in Meister Eckhart. Anche qui l'accostamento si impone.



"Ci si può chiedere se Meister Eckhart, il mistico nato nell'epoca in cui il romanzo (il Nuovo Titurel) fu scritto (tra il 1260 e il 1270), non sia stato toccato dalla luce del Graal e deI Tempio del Graal quando tipizza la parte increata dell'anima non soltanto come una scintilla ma anche come un castellum, una piccola roccaforte (Bürglein).


Viene anche spontaneo pensare al tema dell"'uomo nobile" in Meister Eckhart, all'ideale cavalleresco che modella tutto un aspetto della mistica renana del quattordicesimo secolo.


Le due cifre: 22 (+ 2 = 24) e 72, date come il numero dei cori nel Tempio del Graal, hanno un preciso significato aritmosofico.

Non c'è da stupirsi se lo spazio interno del Tempio di Titurel tende a espandersi fino a raggiungere escatologicamente l'intera comunità umana.


La cifra 24 è il doppio del numero dei segni dello zodiaco e suggerisce la corrispondenza tra il Tempio del Graal e il Tempio cosmico.

Ma la cifra 72 corrisponde al numero dei popoli e delle lingue umane (70 o 72) secondo una rappresentazione tradizionale degli antichi.


Ora il 72 è virtualmente contenuto nel 12 (12x6 = 72): se insistiamo su di esso daremo dunque la preminenza, più che al rapporto con la volta cosmica, a quello del mistero del Tempio con la razza umana.


Già in Wolfram l'ideale cavalleresco riuniva i cavalieri d'Oriente e d'Occidente in una stessa cavalleria. In prospettiva escatologica il servizio del Graal deve riunire nel Tempio di Titurel l'intera umanità: il mistero della Pentecoste è nel Tempio del Graal l"'escatologia realizzata".



Dicevamo inoltre che il segreto del Tempio del Graal era, da un lato, il Sancta Sanctorum che esemplifica il rapporto del Tempio con il tempio che è nell'uomo in quanto microcosmo, e dall'altro la sua forma perfettamente circolare.

Questa forma ha affascinato gli studiosi: il finlandese Ringbom ne ha ricercato i modelli, le imitazioni, i paralleli e le varianti dalla Persia all'Estremo Occidente.

La forma circolare sarebbe la forma per eccellenza dell'edificio sacro a carattere regale.


Il concetto di regalità sacerdotale, di re sacerdote, quale è appunto il re del Graal, gli fornisce la chiave per comprendere tutti i santuari tradizionali aventi forma affine a quella del Tempio del Graal. Abbiamo già notato che l'aspetto del Tempio, nel suo insieme, corrisponde a quello di una semirotonda gotica raddoppiata.


Ma il coro della chiesa gotica (Saint Martin di Tours o Saint-Remi di Reims, ad esempio) è un semicerchio che si apre sul rettangolo della navata, mentre la pianta generale dell'edificio è cruciforme.



Questo abbandono della forma circolare sembra esprimere la rottura dell'integralità che la regalità sacerdotale del Graal comportava, o, per dirla altrimenti, la rottura dell'unità tra l'essoterico e l'esoterico ormai separati e dispersi.


L'esoterismo che soccombe alla norma e al potere ufficiale della Chiesa essoterica: è questo, in sintesi, il significato drammatico della storia del Tempio.

Lo storico delle forme architettoniche tradizionali seguirà dunque il cammino dell'Imago Templi da Oriente a Occidente, dove essa non può mantenersi a causa del cuore indurito degli uomini.


La pianta circolare è andata distrutta: rimangono solo, con qualche eccezione, strutture a semicerchio, vestigia dell'unità mutilata.


L'essoterico ha trionfato.




L'idea del Tempio regale ritorna allora al paese da cui era venuta, a quell'''Oriente'' mistico dove viene accolta dal guardiano della regalità sacerdotale, il misterioso Prete Gianni, che non è un sovrano di questo mondo.


Sarà questo l'episodio finale del Nuovo Titurel.

Non si dimentichi tuttavia che il Tempio del Graal non fu mai visibile se non alla "confluenza dei due mari", nella Terra di Luce, la Terra lucida, l"'ottavo clima" che gli Išrāqīyūn indicano come "Oriente intermedio".


Esso non poteva "incarnarsi" in questo mondo, secondo l'uso abusivo che oggi si fa di questo termine. Da questo "Oriente intermedio" il Tempio, in una sola notte, viene trasferito nell"'Oriente" del mondo metafisico.


Titurel e Parsifal vi trasferiscono il Santo Graal.

Ma se questo "ritorno a Oriente" ha una virtù simbolica per la storia delle forme architettoniche tradizionali, l'ha anche per quanto riguarda il tempio che è nell'uomo, o meglio il tempio che è l'uomo.


Torniamo qui al dramma della distruzione del Tempio, che abbiamo preso in considerazione all'inizio della nostra ricerca sotto la guida di un maestro cabalista dei nostri giorni: dramma che si consuma con la nostra entrata in questo mondo.

Occorre un'intera vita per ricostruire il Tempio.


O meglio: non si esce dal mondo dell'esilio se non a condizione di passare per la nuova nascita rappresentata dalla ricostruzione del Tempio. Il trasferimento del Tempio in India è il ritorno dell'anima al suo paese d'origine.


Questo "ritorno a Oriente" ci suggerisce infine il segreto della cavalleria del Graal: l"'India" in cui i cavalieri si ritirano al seguito di Titurel e di Parsifal non è quella che possiamo trovare sulle carte geografiche.


Il termine indica tradizionalmente un lontano Oriente in cui comincia la regione del paradiso invisibile.

Sarebbe inutile, anzi ridicolo, identificare il Prete Gianni del ciclo del Graal con qualche sovrano di questo mondo, mongolo o etiope, ad esempio, come è stato fatto in passato.

Alla fine dell'epopea di Wolfram il Prete Gianni sarà il nipote di Parsifal. Alla fine dell'epopea di Albrecht è lo stesso Parsifal a riceverne il nome e la dignità.

Il Prete Gianni è il re sacerdote ideale del regno giovanneo.



Il ritorno dei Templari del Graal nel regno del Prete Gianni è il loro rientro nell'invisibile, nell'incognito più rigoroso.

Non si può allora parlare del Tempio del Graal senza avere presenti alla vista e all'udito i drammi musicali di Richard Wagner.

Nel "racconto del Graal" Lohengrin enuncia la regola dello stretto esoterismo a cui ogni cavaliere del Graal è sottoposto: "E la sua forma è sacra finché rimane a tutti ignoto."


L'episodio finale del loro "ritorno a Oriente" ci suggerisce come rappresentarci nel modo migliore il rapporto tra i templari del Graal - quelli del Parsifal e quelli del Nuovo Titurel - e i cavalieri dell'Ordine storico del Tempio come manifestazione visibile di una cavalleria ancora superiore e ignota agli uomini: depositario temporaneo di una missione affidata secolo dopo secolo ai più degni da questa cavalleria trascendente.


Nel secolo diciottesimo lo stesso Willermoz interpreta il significato dell'Ordine storico del Tempio in rapporto a un templarismo permanente ad esso superiore e attraverso il quale diventa possibile far risalire l'Ordine storico del Tempio all'Ordine degli esseni.


L'occultamento della cavalleria del Graal corrisponde precisamente a questo stato di cose.

Il trionfo dell'Imago Templi consiste dunque nell'uscire sana e salva da tutte le sconfitte e da tutti i colpevoli cedimenti alle norme di questo mondo.


La controstoria finisce per avere la meglio sulla storia profana.

Rientrati nel loro segreto, i Templari del Graal potranno essere chiamati con altri nomi: ad esempio i "Figli della Valle", nel grande poema drammatico di Zacharias Werner.  


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TEMPIO E CONTEMPLAZIONE


Della cavalleria ci siamo già occupati in un precedente articolo, nel quale cercavamo di impostare una riflessione sulla sua origine metastorica e sulla conseguente segretezza che attiene alle sue reali origini, che si perdono in una tradizione esoterica antichissima.


Una storicizzazione della cavalleria è quindi, se non impossibile, possibile solo in parte e precisamente in quell’aspetto che riguarda gli ordini cavallereschi di monaci guerrieri più importanti come gli Ospitalieri di San Giovanni, oggi cavalieri di Malta, e l’Ordine dei poveri cavalieri di Cristo e del Tempio di Salomone, da cui la definizione più breve di cavalieri Templari. Secondo Guillame de Tyre, l’Ordine fu fondato ufficialmente nel 1118 da Hugues de Payen, che si presentò, assieme ad altri otto compagni, al palazzo del Re di Gerusalemme, Baldovino I, fratello minore di quel Goffredo di Buglione che diciannove anni prima aveva conquistato la Terra Santa.



Singolare è la tradizione, riprodotta sui sigilli dell’Ordine, secondo cui i cavalieri si presentarono al Re cavalcando in due il medesimo cavallo, sul cui significato sono state formulate le ipotesi più varie, ma che ha, al di là di tutto questo, una valenza esoterica certamente più complessa.

Passeranno dieci anni prima che l’Ordine venga riconosciuto con una bolla papale emanata nel Concilio di Troyes da Papa Onorio II, dotandosi di una regola scritta  espressamente per l’ordine da San Bernardo di Chiaravalle, che stabiliva l’assoluta povertà personale dei membri della milizia che non dovevano avere “nulla di proprio, nemmeno la loro volontà” e dovevano preoccuparsi soltanto di “armare di fede lo spirito, di ferro il corpo”.


La regola stabiliva l’abbigliamento stesso dei cavalieri appartenenti all’Ordine, che dovevano indossare esclusivamente indumenti bianchi, a cui più tardi verrà aggiunta la croix pateè rossa.

Essi erano tenuti a combattere fino alla morte e non potevano ripiegare in alcun modo di fronte ai nemici, nè erano autorizzati a riscattarsi o a chiedere misericordia al nemico qualora venissero catturati: per questo i Templari divennero ben presto la milizia cristiana più temuta e certamente la più potente organizzazione militare del tempo, tanto da arrivare a contare ben novemila centri in tutta Europa e una disponibilità economica, in gran parte proveniente dalle donazioni ricevute da coloro che ne entravano a far parte, che non trovava riscontro in nessun altro potentato economico dell’epoca, fecendo sì che la maggior parte dei sovrani dell’epoca si trovarono ben presto a essere in qualche modo indebitati nei confronti dell’Ordine.


Il potere politico dell’Ordine Templare nei primi anni del ‘300 era tale da permettere all’ordine l’indipendenza assoluta da qualsiasi potere secolare o ecclesiastico eccettuato quello dello stesso Papa, alla cui persona soltanto essi erano tenuti a prestare giuramento, in base alla Bolla pontificia emanata da Innocenzo III nel 1139.

Eppure una tale eccezionale potenza non servì a salvare l’Ordine dalla distruzione, tanto che questa venne operata in una sola notte: era venerdì 13 ottobre 1307.



In quella tragica notte, tramite uno stratagemma volgarissimo come la riscossione delle decime, uomini di Filippo IV detto il Bello, con il benestare del Papa fantoccio Clemente V, penetrarono nelle diverse sedi del Tempio arrestando tutti i monaci e confiscandone tutti i beni. Stranamente tutti i confratelli si arresero senza accennare la minima resistenza, come se avessero ricevuto un ordine ben preciso in questo senso: non è difatti documentato un solo caso di resistenza opposta agli uomini del Re.


I Templari arrestati vennero sottoposti alle torture più atroci nel tentativo di estorcere confessioni che giustificassero le più disparate accuse che vennero mosse all’ordine per giustificare la rappresaglia organizzata dal Re col beneplacito dello stesso Papa.


Coloro che erano scampati all’arresto vennero perseguitati con spietata ferocia, vennero bruciati vivi, torturati, condannati al carcere; alcuni di loro si lasciarono addirittura morire per non rivelare segreti o ammettere colpe infamanti, mentre il Re chiedeva al Papa misure sempre più rigorose contro la milizia del Tempio, fino a farne decretare lo scioglimento ufficiale nel 1312, senza che fosse ancora stato pronunciato alcun verdetto di colpevolezza.


Tutto ciò non placò tuttavia la persecuzione nei confronti dei poveri cavalieri di Cristo: nel 1314, difatti il Gran maestro dell’Ordine Jacques de Molay e Geoffroi de Charnay, insieme ad altri confratelli, superstiti della Milizia Templare, vennero arsi vivi davanti a Notre-Dame maledicendo il Re e il Papa: questi ultimi troveranno entrambi la morte entro l’anno.

Solo in Scozia, dove le Bolle papali di scioglimento dell’Ordine non vennero mai rese pubbliche, questo sopravvisse per circa quattro secoli, ed è certo che alcuni cavalieri Templari combatterono al fianco di Robert the Bruce nella battaglia di Bannockburn, nel 1314, in favore dell’indipendenza scozzese.

Anche in altre parti d’Europa l’ordine sopravvisse, cambiando il proprio nome come in Portogallo, oppure confluendo in altri ordini come quello dei Cavalieri Teutonici o negli Ospitalieri di San Giovanni.


In maniera molto sommaria è questa la storia del più grande e importante ordine cavalleresco che la storia ricordi.


Qui si ferma il racconto, seppur succinto, della storia della Milizia del Tempio, per lasciar spazio a considerazioni di natura completamente differente.


E’ innegabile difatti che la storia dell’Ordine dei Cavalieri del Tempio di Salomone, possieda una dimensione diversa, profondamente enigmatica e sfuggente, e comunque completamente contrapposta alla dimensione unicamente exoterica di ordine di monaci guerrieri.


Una particolare mistica caratterizzò l’ordine già dal momento della sua presunta formazione, e un certo alone di mistero lo seguirà nel corso di tutta la sua storia fino alla tragica ma quantomeno strana persecuzione di cui fu oggetto e con la quale venne ferocemente annientato.


Dopo molti secoli la Milizia del Tempio mantiene comunque inalterato il suo fascino conservando ben celate le risposte alle infinite domande che si sono accumulate dal momento della sua presunta scomparsa: tra le accuse di cui fu oggetto l’Ordine, quelle relative alla conoscenza e all’utilizzo dell’alchimia, secondo alcuni fonte delle immense ricchezze dell’ordine, della magia e di riti negromantici da parte dei cavalieri del Tempio contribuirono a tenere vivo l’interesse su un’ organizzazione dalle valenze esoteriche estremamente complesse: non si può non prendere in considerazione il fatto che l’Ordine fu per tutto il Medioevo l’anello congiungente di una tradizione che dall’Europa, passando in Asia attraverso l’equivalente ordine orientale degli Assassini di Sheik al Jabal, il vecchio della montagna, risale direttamente all’unica Tradizione Primordiale a cui più volte abbiamo accennato in precedenza.


Così coloro che per secoli furono considerati i custodi unici del Santo Graal, la mitica coppa in cui bevve Gesù durante l’ultima cena e in cui, secondo le leggende, Giuseppe d’Arimatea raccolse il sangue che sgorgava dal corpo martoriato del Cristo, furono distrutti nel momento in cui più vicino sembrò quell’avvicinamento tra Oriente e Occidente per il quale l’Ordine aveva operato durante tutta la sua storia, al fine di ricreare quei legami con il Centro spirituale supremo che sembravano appartenere ormai soltanto alle fantasie di ascetici visionari.

Non si può negare, quindi, che nel bene e nel male, con la comparsa e la scomparsa dell’Ordine, l’Europa e conseguentemente tutto il mondo non furono mai più gli stessi.


Con la distruzione dei poveri cavalieri di Cristo il mondo occidentale iniziò la sua vera decadenza: una decadenza derivante essenzialmente dal sempre maggiore allontanamento da qualsiasi forma tradizionale tale da portare l’Occidente, seppure interrotta da sporadici tentativi di restaurazione, ad una corsa sempre più inarrestabile verso il tramonto.

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MICHELE P.