giovedì 23 gennaio 2014

IBN ARABI E "LA SAPIENZA DEI PROFETI"


















VITA E OPERE:

Ibn Arabi (Murcia 1164 - Damasco 1240), mistico e filosofo di particolare originalità per il modo di integrare, in un quadro metafisico, istanze esoteriche ed esegesi coranica, teosofia sciita e teologia del Kalam, pensiero neoplatonico e arabo, misticismo sufi. Nella sua formazione giovanile riceve l’influenza della scuola andalusa e della scuola neoplatonica di Almería, e incontra personalmente Averroè, all’età di diciassette anni.   Inizialmente prende parte all’attività politica come segretario del governo di Sevilla ma, in seguito, si dedica prevalentemente alla vita spirituale, viaggiando nell’Africa del Nord e in Oriente. Della sua ampia produzione ricordiamo: il Commento delle perle della sapienza, le Rivelazioni di Medina, le Illuminazioni di Mossul, il Libro delle rivelazioni meccane, L’epistola delle luci, il Libro della politica divina, il Libro del tesoro degli amanti, il Libro del regalo del viaggio mistico, il Libro della estinzione nella contemplazione.


LA METAFISICA:

In ambito metafisico, Ibn Arabi accoglie la distinzione tra essere possibile ed Essere Necessario operata dai filosofi ellenizzanti, a cominciare da al-Farabi, e la approfondisce ancor più in senso platonico, pur discostandosi da alcuni elementi dottrinali ed elaborando una teoria nuovamente articolata.








L’Essere Necessario, Dio, è Verità e Luce ma, al contempo, abisso insondabile e inconoscibile. L’essere possibile è penombra, l’essere impossibile oscurità.

La Luce è il centro del cosmo, da cui irradiano gli esseri possibili che, in tal modo, divengono esistenti. La creazione divina definisce i limiti del cosmo: al di là della circonferenza, data dal termine del Suo raggio di azione, vi è il nulla. Tuttavia, ciò non esclude la possibilità di una sua moltiplicazione infinita.

Anche gli esseri possibili hanno una potenzialità creativa, che si esprime nella forma di una irradiazione che definisce, anch’essa, una circonferenza.

L’insieme degli esseri possibili rappresenta l’espressione della Essenza Divina a differenti livelli.   Nell’ambito della gerarchia metafisica, che vede il manifestarsi di Dio attraverso forme diverse, Ibn Arabi interpreta la dottrina islamica dei 99 Nomi Divini.

Ogni aspetto dell’universo fenomenico è l’espressione di un particolare nome; i nomi di Dio, dunque, acquistano il loro senso pienamente attuale solo nel mondo creaturale.

Da un punto di vista cosmologico, un grado importante della teofania è rappresentato dal Sublime Intermediario, in cui i possibili sono contenuti in modo semplice e indifferenziato: grazie al mandato esistenziale dato dall’Essere Necessario essi acquisiscono esistenza particolare e concreta.

In tal modo, la diretta dipendenza della infinita molteplicità degli esseri possibili da Dio, conduce a negare il principio neoplatonico, accolto dagli arabi, secondo cui dall’Uno proviene una unità. Ugualmente il filosofo nega la necessità dell’azione divina.


L'ANTROPOLOGIA:

Tra le creature, l’uomo riveste un ruolo di importanza speciale in quanto sintesi completa dell’universo e immagine divina. Egli compendia, infatti, tutti i nomi divini e gli aspetti del cosmo.

I quattro elementi e i quattro venti (dalle quattro principali direzioni) corrispondono in lui ai quattro umori e alle quattro facoltà fisiologiche (suzione, ritenzione, digestione, espulsione); i quattro tipi di acqua (salata, dolce, putrida e amara) al liquido degli occhi, della bocca, del naso e delle orecchie; i sette livelli della terra ai sette livelli del corpo (pelle, grasso, carne, vene, nervi, muscoli e ossa); le piante ai capelli e alle unghie; gli animali e i diavoli ai vizi; gli angeli alle virtù. Corrispondenze sono trovate anche con i mondi superiori.

I rapporti tra anima e corpo non sono pensati in termini di opposizione ma, al contrario, di reciproco sostegno: l’esterno protegge l’interno e l’interno protegge l’esterno.  L’immagine divina è la parte più interna dell’uomo. Con questa egli svolge il compito di reggente divino del mondo.


LA GNOSEOLOGIA:

Al pari del tema metafisico, anche il problema della conoscenza si presenta in Ibn Arabi in maniera complessa, e si articola principalmente nel rapporto tra conoscenza umana e divina, e nelle differenti possibilità di attingere la verità date all’uomo.












La conoscenza umana ha nella percezione del mondo sensibile un punto di partenza fondamentale, capace di condurre ai segreti divini.

Occhi, orecchie, naso, lingua e mani lavorano per i cinque sensi esterni del corpo e conducono le informazioni al senso comune; da qui sono trasmesse alla memoria, dunque al pensiero, infine all’intelletto.

Attraverso un processo induttivo, sceverando le caratteristiche non comuni da un insieme di individui percepiti singolarmente, l’uomo raggiunge dunque gli intelligibili universali, che hanno lo statuto di realtà.

L’universale, a questo livello di conoscenza, conserva comunque una forte caratteristica di differenziazione.

Ad un ulteriore grado di conoscenza, invece, si comprendono i generi sommi, realtà delle realtà, universali degli universali, che costituiscono una conoscenza più indifferenziata, più unitaria, più profonda e più vera.

Queste sono le caratteristiche della conoscenza divina, che anche l’uomo raggiunge a partire dalla percezione dei particolari, mentre Dio, al contrario, conosce i particolari tramite un sapere universale e indifferenziato. Attraverso l’analogia con ciò che è percepito sensibilmente, l’uomo può acquisire notizia anche di ciò che non esiste sensibilmente.

Vi è poi, per lui, un’ulteriore possibilità gnoseologica, rappresentata dal processo di autoconoscenza. Poiché Dio gli ha donato tutti gli aspetti del cosmo e di se stesso, è possibile che egli raggiunga questi aspetti mediante la riflessione su di sé.

Tuttavia, anche questo sapere si differenzia, cioè acquista determinazione, attraverso la conoscenza delle esistenze particolari dell’universo fenomenico.

Al di là degli aspetti legati al mondo della corruzione, si colloca per l’uomo-immagine di Dio la possibilità di vedere la realtà essenziale attraverso l’occhio che è il centro profondo del suo essere, l’occhio del cuore.









Si tratta qui della conoscenza mistica, che si risolve nell’abbandono di tutte le caratteristiche proprie e distintive dell’essere conoscente e dell’essere conosciuto, per far posto all’unica Verità che attraversa tutto il cosmo e che è Dio.

Ibn Arabi critica coloro che interpretano questo processo come unificazione (ittihad) o unione, perché ciò implicherebbe l’ammissione di due essenze distinte.

Mantenendosi fedele all’ortodossia islamica, che professa il Tawhid (l’unità di Dio), egli ritiene che Egli solo è essenza; pertanto questo tipo di conoscenza è dato da un riconoscersi in questa essenza, eliminando tutte le caratteristiche di differenziazione.

Qualunque tipo di conoscenza essenziale, cioè non legata al sensibile, si risolve dunque nell’autoconoscersi di Dio attraverso ciò che è altro da sé, attraverso la sua creatura.

Questo rapporto di conoscenza ha lo statuto di una relazione amorosa.(PT)

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Bibliografia  Traduzioni Ibn Arabi, Il libro della estinzione nella contemplazione, trad. Y. Tawfik-R. Rossi Testa, Milano 1996  Studi  C. Baffioni, Storia della filosofia islamica, Milano 1991 M. Cruz Hernandez, Historia de la filosofia española. Filosofia hispano-musulmana, Madrid 1957, 2 voll. M. Takeshita, Ibn Arabi’s theory of the perfect man and its place in the history of Islamic thought, Tokyo 1987.


Fonte: http://www3.unisi.it/ricerca/prog/fil-med-online/autori/htm/ibn_arabi.htm


MICHELE P.

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LA SAPIENZA DEI PROFETI di IBN ARABI: