Misticismo - Esoterismo

La Rosa come Simbolo dell'Anima in evoluzione.

La Mistica dell'Anima - Il Nettare della Rosa

La Mistica dell'Anima - Il Nettare della Rosa
Dio, Teologia, Misticismo, Filosofia, Gnosi, Esoterismo.

domenica 28 settembre 2025

SALVE PELLEGRINI!






Benvenuti pellegrini!

Nell'Archivio Blog di questo sito troverete varie informazioni inerenti all'Esoterismo e alla Spiritualità dove sono presenti argomenti che hanno come comune denominatore la Filosofia, la Teologia, il Misticismo, la Gnosi, l'Ermetismo, la Kabbalah.

Da secoli la condivisione di queste tematiche mirano al raggiungimento del perfezionamento del sé e, di conseguenza, di tutta la società. Queste antiche conoscenze venivano in passato custodite e al tempo stesso rivelate agli uomini con lo scopo di raggiungere nel migliore dei modi la realizzazione spirituale.

Il Blog "La Mistica dell'Anima - Il Nettare della Rosa" è  lieto di proporre tali lavori di impronta spiritualista con la speranza, quantomeno, di aiutare a far riavvicinare il pellegrino anche di un solo piccolo passo verso quell'infinito e profondo oceano in cui risiede il Divino.

Buona ricerca e Buon "Viaggio".


"La Rosa come Simbolo dell'Anima in evoluzione".

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La Mistica dell'Anima - Trasformazione del Sé


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MICHELE P.



VIGNETI ROSSO SANGUE NELLE NOTTI SENZA LUNA - UNA PECULIARE ANALISI SULLA PISTA ESOTERICA DEL MOSTRO DI FIRENZE di Michele Perrotta



 


PREFAZIONE di Paolo Franceschetti   


Ci sono storie che non si lasciano archiviare. Tornano, bussano, chiedono conto delle omissioni e delle mezze verità. I delitti del cosiddetto Mostro di Firenze appartengono a questa famiglia di ferite aperte: ogni volta che proviamo a richiuderle, qualcosa riemerge — un dettaglio, un simbolo, una coincidenza che a molti pare irrilevante e ad altri suona invece come una firma.

                                            


Quando, anni fa, ho iniziato – sulla spinta degli studi di Giuseppe Cosco e di Gabriella Calrizzi soprattutto - a parlare della Rosa Rossa — dell’Ordine della Rosa Rossa e della Croce d’oro — come chiave interpretativa della ‘pista esoterica’, l’accusa più benevola è stata di fantasia. “Un’invenzione”, si diceva.


Eppure le domande restavano: perché certe scelte di tempo e di luogo?
Perché quella costanza simbolica, quasi un alfabeto cifrato che attraversa le cronache? 
Perché, soprattutto, il ripetersi di tracce che parlano più il linguaggio del rito che quello del caso? 


Col tempo sempre più ricercatori hanno iniziato a verificare e ad incrociare elementi.
Non si trattava di credere o non credere, ma di guardare.   Guardare alla bibliografia disponibile, ai testi di Arthur Edward Waite, (che di questo ordine è il fondatore e qualsiasi esoterista serio non può non saperlo) — opere in commercio e accessibili — e a una tradizione iniziatica che ha lasciato impronte tanto nella letteratura quanto nella storia delle società segrete europee.


Guardare anche agli atti e alle audizioni in sedi istituzionali: perfino la Commissione Antimafia ha toccato il tema, com’è ovvio senza restituirne per intero la verità, ma offrendone frammenti e stralci utili a delinearne il perimetro. 


Oggi, alla luce di ciò che è consultabile, nessuno può più affermare che la Rosa Rossa non esiste. Esiste come fenomeno storico, come corpus dottrinale e simbolico, come rete di riferimenti che si possono studiare. Ed è su questo piano — dei fatti documentali e dei segni — che va interrogata.


Il problema dei ‘delitti esoterici’ è che la maggior parte degli investigatori non sono esoteristi, e la maggior parte degli esoteristi non è né criminologo né investigatore, anche perché per diventare esperti di esoterismo occorrono decenni e non è sufficiente leggere qualche libro qua e là. 


Questo saggio di Michele Perrotta si inserisce esattamente qui: non nel terreno scivoloso delle congetture libere, ma nel lavoro paziente di tessitura tra fonti, simboli e cronache.     

Perrotta non pretende di sostituirsi alla magistratura, né di pronunciare sentenze: ricostruisce. Raccoglie fili che molti hanno osservato separatamente e li intreccia in una mappa leggibile: la ‘grammatica dei simboli’, le ricorrenze temporali, la scelta dei luoghi, le corrispondenze iconografiche, le linee iniziatiche che rimandano a una regia rituale più che a una mera sequenza di eventi casuali.


Dove altri vedono coincidenze, egli si chiede se non stia agendo un metodo; dove altri parlano di folklore, egli domanda se non si tratti, invece, di procedura.

Mi è stato chiesto di scrivere questa prefazione proprio perché, quando era impopolare dirlo, ho indicato l’ipotesi che una setta strutturata — con un lessico, una simbologia, una liturgia — potesse aver agito da cornice per quei delitti.


Io, Gabriella Carlizzi, Giuseppe Cosco, non rivendichiamo primati: rivendichiamo perseveranza. Non rivendichiamo primati perché in ambiente esoterico ed occultistico il fatto che dietro questi delitti ci fosse una matrice esoterica è un po’ il segreto di Pulcinella.


Noi abbiamo semplicemente avuto il coraggio di scriverlo e dirlo a chiunque, a costo di essere sepolti dal ridicolo.  Siamo stati smentiti? No. Siamo stati contraddetti da fatti? Neppure.

Semmai, con il passare degli anni, la materia si è fatta più densa: più libri, più studi, più riferimenti incrociati. E anche qualche depistaggio — inevitabile, quando si toccano nodi che non amano la luce — che, paradossalmente, conferma l’esistenza del nodo. 


A chi teme l’effetto suggestione, dico: leggete metodicamente. Non cercate l’ennesimo romanzo travestito da saggio: non è questo il caso.

Cercate criteri: la coerenza interna dei simboli; il loro linguaggio e la loro ricorrenza; la compatibilità con dottrine note; l’aderenza delle ipotesi a quanto è pubblicamente consultabile. Questo è il banco di prova onesto. 


L’esoterico, qui, non è un velo che confonde — è una lingua. Impararla non significa credervi: significa comprendere cosa stia dicendo chi quella lingua adopera. Il merito di Perrotta è duplice.

Da un lato, porta ordine in una materia resa opaca da decenni di clamore mediatico; dall’altro, riapre il cassetto della memoria civile, ricordandoci che cercare la verità non è un atto di nostalgia ma di responsabilità.  Non sapremo mai tutto? Forse.


Ma possiamo sapere di più, e meglio. Possiamo sottrarre questi delitti alla retorica del ‘male senza nome’ e riconoscere che, a volte, il male ha un lessico, una prassi, una firma.

Questo libro non è un punto d’arrivo; è una soglia. Chiede al lettore di sospendere il pregiudizio — tanto quello credulone quanto quello scettico a priori — e di misurare ogni asserzione con pazienza artigianale. Se lo farete, scoprirete che la pista esoterica non è un diversivo, ma una chiave di lettura capace di allineare segmenti altrimenti dispersi.   


A Michele Perrotta va il mio grazie per il coraggio e la disciplina con cui ha affrontato un terreno minato; al lettore va il mio invito a pretendere rigore e a non accontentarsi di versioni che, per eccesso di silenzio o di rumore, finiscono per negare l’evidenza.

Se, come credo, la Rosa Rossa è parte del quadro, allora nominarla non è un orpello sensazionalista: è un atto di precisione. E la precisione, in queste storie, è la forma più alta di rispetto. 


Continua...



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QUARTA DI COPERTINA


La pista della ‘setta satanica’ e dei mandanti non è figlia di fantasiose chimere e né una  tumefazione anomala degli errori giudiziari del passato, bensì un cupo e reale sentiero  che tutti noi abbiamo il dovere di illuminare. Pertanto chiediamo al lettore, anche in  base alla complessità dell’argomento, di immergersi in questa nostra analisi con la  mente libera e senza pregiudizio alcuno. In questa storia non è permesso credere al  Caso o alle coincidenze.

Tutto quello che è stato commesso in relazione ai delitti del  Mostro è infatti stato studiato a tavolino e predisposto su livelli quasi inaccessibili alla  stragrande maggioranza di persone. 

In aggiunta troppi ostacoli e altrettanti intralci  furono puntualmente e sistematicamente creati da qualcuno dei piani alti per sviare le  indagini e per confondere ulteriormente le acque sul presunto Serial Killer.




Le coppie  non venivano trucidate perché vittime di qualche degenerato sessuale con problemi  psichici, bensì venivano scelte con minuziosa cura da chi voleva che le loro anime  traghettassero con Caronte in una dimensione oscura oltre la vita.


Piaccia o non piaccia  ciò che viene comunemente chiamata ‘Magia’ esiste, così come da sempre e in ogni  parte del mondo esistono e vengono praticati rituali di sangue e sacrifici umani – un  fenomeno molto più diffuso di quanto si possa immaginare. Se cercate prove concrete,  elementi significativi supportati da professionisti, medici legali, avvocati, grafologi, etc.,  etc., questo libro non fa per voi.


In questa ricerca esamineremo tutt’altro. Anche  perché trasformare gli indizi in prove non è compito nostro ma degli inquirenti, dei  Pubblici Ministeri, delle Forze dell’ordine e così via.

Noi ci limitiamo solo nel fornire  ciò che riusciamo ad intravedere nella ‘dottrina che s’asconde sotto ‘l velame…’ di  questa misteriosa e spietata vicenda.


A noi, in pratica, interessa più che altro andare al  fulcro della questione, ovvero sul perché sono state scelte alcune vittime e perché  proprio sul territorio fiorentino sono stati commessi questi crimini brutali. Il presunto  killer, che ha tanto spaventato l’opinione pubblica per decenni dacché prediligeva  scagliarsi con ferocia contro le coppiette che si appartavano per fare all’amore ma che  invece incontravano loro malgrado l’angelo mietitore, non ha ancora un volto e noi  non abbiamo ancora un quadro ben delineato sulla sua personalità.


Come potremmo  mai averlo del resto, visto che non si tratta di una sola persona ma di un gruppo  costituito da vari individui, una ‘Schola esoterica’ per l’esattezza, chiamata ‘Ordo Rosae  Rubeae et Aureae Crucis’ (RR et AC), dediti alla ‘Magia nera’ e ai ‘Delitti rituali’?




In  considerazione di ciò dobbiamo primariamente stare attenti ad ogni singolo dettaglio,  del resto è dai piccoli particolari che tutti noi possiamo dedurre grandi cose.

Ad  esempio, oltre a concentrarci su tutti i duplici delitti del Mostro di Firenze, dovremmo  investigare meticolosamente anche sulle strane morti che sono successive a quegli  orrendi crimini, in cui però, guarda caso, muoiono diversi testimoni della medesima  vicenda.


Questo ci fa capire come dietro a tutto questo vi siano in gioco strane forze,  oltre che determinati poteri forti, un cosiddetto ‘secondo livello’ che, come vedremo,  oltre all’organizzazione internazionale denominata Rosa Rossa, risponde ad alcuni  organi dello Stato. 


Nello specifico a qualche ente deviato e/o pilotato da chi ha interesse nel coprire  diverse questioni attinenti al Caso Mostro di Firenze e non solo. E sono proprio questi  fattori che rendono la sedicente ‘pista esoterica’ non solo concreta ma anche unica nel  suo genere. 
(Michele Perrotta)





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INDICE 

PREFAZIONE  di  Paolo Franceschetti   

INTRODUZIONE AL TESTO   

PISTA ESOTERICA E SERVIZI SEGRETI 

I DUPLICI DELITTI   

UNA CURIOSA AFFERMAZIONE:  VIGNA SPARAVA, CALAMANDREI TAGLIAVA 

LA LETTERA CON UN LEMBO DI SENO CI INTRODUCE NEL MISTERO 

IL MONDO DELL’OCCULTO NELLA VICENDA DEL MOSTRO   

IL SECONDO LIVELLO E  LA SCHOLA ESOTERICA   

LA ROSA DI DANTE COME TAPPA FINALE DEL SUO CAMMINO INIZIATICO 

IL SATANISMO  E  L’ORDINE DELLA ROSA ROSSA E DELLA CROCE D’ORO 

UNA SEMPLICE CONSIDERAZIONE SULLA PISTA ESOTERICA 

IL SANGUE COME MONETA SPIRITUALE NEGLI OMICIDI RITUALI   

BREVE ACCENNO AGLI ANGELI CADUTI E AL RELATIVISMO MASSONICO   

IL TRALCIO DI VITE NEL CORPO FEMMINILE DI UNA DELLE VITTIME 

LE MORTI COLLATERALI ATTESTANO L’ESISTENZA DI UN SECONDO LIVELLO 

IL FAMIGERATO MEDICO DI PERUGIA E LE INQUIETANTI RIVELAZIONI DEL MOSTRO DEL CIRCEO   

EPILOGO 


SEZIONE IMMAGINI 

BIBLIOGRAFIA


Copertina rigida - Pag.393






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LA SPADA ISRAELITA E LA CROCE: IL MESSIA TRA CHIAVE SIMBOLICA E MEMORIA STORICA di Michele Perrotta



Questo trattato ha la peculiarità di tracciare un sentiero particolare che unisce la chiave simbolica alla memoria storica e inoltre congiunge l’aspetto teologico con quello accademico rivisitando le vicende più importanti del popolo ebraico e la figura del Messia attraverso un’esposizione seria e tradizionalista concernente lo studio approfondito della Bibbia.

In questo lavoro vengono esaminate soprattutto singolari questioni che sono proprie dell’Ebraismo e del Cristianesimo, ma poco conosciute o quantomeno percepite in modo superficiale dalle persone comuni.

Non a caso riteniamo questo scritto, ad oggi, il nostro lavoro più importante e significativo per gli originali temi che andremo a trattare con dovizia di particolari.

Per certi versi la Bibbia, in particolar modo l’Antico Testamento, tende a distruggere l’immaginario di molti.

I libri contenuti al suo interno sono soprattutto capaci di abbattere quella visione troppo personale di Dio, cioè quella che lo identificherebbe simile ai nostri modi di pensare.


Dio non è un uomo, e conseguentemente non può essere associato in alcun modo a noi comuni mortali colmi di difetti, o paragonato a qualcosa di molto vicino alle nostre idee o ai nostri modi di ragionare.

Il ‘dio’ che troppo spesso l’essere umano immagina e crea nella propria mente, e che quasi sempre risulta essere funzionale ad alimentare i desideri e le aspettative di milioni di persone, somiglia troppo a noi e non corrisponde a ciò che l’Eterno in realtà E’.


Detto ciò nei testi sacri in questione troviamo costantemente immagini viventi e simboli potenti che talvolta si rivelano confortanti, mentre altre volte risultano essere aspramente sconcertanti.

Nessun lettore resta del tutto indifferente alla forza icastica delle parole presentate dalla Bibbia le quali, per una serie di ragioni, sono destinate a restare puntualmente scolpite nelle nostre menti.

Molti versetti della Bibbia sono addirittura capaci di generare in noi figure e metafore che aprono alla comprensione di una realtà totalmente differente e distante dal concetto e dal modello logico di ‘verità’ che noi tutti generalmente seguiamo nella nostra quotidianità.

Con la loro forza questi racconti imprimono nei nostri cuori sensazioni pungenti e durature che, nel bene e nel male, non possono fare altro che condizionarci.


Il saggio in questione ha infatti tra le altre cose un compito arduo da svolgere, ossia quello di partire dalla contemplazione dei simboli per poi realizzare come questi risultino essere vivi, fecondi e fruttuosi nella nostra interiorità nel momento in cui ci rapportiamo con loro.


Ma come possiamo effettivamente distinguere la realtà dalla storia che ci è stata tramandata sulla Bibbia e su Gesù di Nazareth?

Il Cristo della fede e il Gesù storico hanno qualcosa in comune che la ricerca possa concretamente spiegare? Come dobbiamo interpretare il ruolo del Messia?

Dobbiamo forse abbracciare la visione zelota di un Messia capopopolo rivoluzionario che libera la sua gente da una condizione di sofferenza in questo piano di realtà, o come un’Era di pace, vale a dire una sorta di Paradiso in terra come la descrive il misticismo ebraico, oppure dobbiamo accettarlo in chiave escatologica e soteriologica, come nella visione del Cristianesimo?

Spesso i dati storici e quelli religiosi si intersecano in maniera tortuosa, rendendo lo studio della Bibbia un compito arduo per tutti gli studiosi.

Questo lavoro confida nel poter dare un po’ di linearità su tali questioni, oltre che invitare il lettore ad aprirsi sempre di più alla dimensione del sacro muovendosi propriamente tra l’interpretazione storica e quella simbolica.
(L’Autore)

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INDICE SEZIONE ARGOMENTI: 

*CAPITOLO UNO 

FONDAMENTALE PREMESSA: LE GUERRE DI DIO E DEL POPOLO ELETTO SOTTO UNA PARTICOLARE OTTICA 

GLI EBREI: UN POPOLO SACERDOTALE 

LA DIVINA POTENZA DEI SIMBOLI NEL LINGUAGGIO BIBLICO 

I SIMBOLI SI FANNO CARNE 

L’ESTREMA IMPORTANZA DELLA CONVERSIONE 

BREVI CONSIDERAZIONI SUL DIO FATTO UOMO E SULLA FEDE 

LA CRISI SPIRITUALE DEL MONDO MODERNO 


*CAPITOLO DUE 

L’ANTICO TESTAMENTO 

I CONTENUTI DELLA BIBBIA 

LA CURIOSA STORIA DI RUT 

UN RE PER ISRAELE: DALLA GIUDICATURA ALLA MONARCHIA 

SAMUELE, PROFETA DI DIO 

IL VOTO DI NAZIREATO DEL PROFETA SAMUELE 

LA MORTE DI SAUL 

IL SEME DI DAVIDE E LA DISCENDENZA MESSIANICA DELLA TRIBU’ DI GIUDA 

LA SPADA RICADE NELLA CASATA DI DAVIDE: ASSALONNE 

L’ULTIMO DEI FIGLI DI IESSE, MA IL PRIMO AGLI OCCHI DI DIO 

L’EBRAICITA’ DELL’UOMO GESU’ 

BREVE ACCENNO AL REGNO DI SALOMONE 

IL GRIDO DI DISPERAZIONE DEL POPOLO EBRAICO IN ESILIO E LA PROMESSA DELL’ARRIVO IMMINENTE DI UN SALVATORE 

MELCHÌSEDEK E CRISTO 


*CAPITOLO TRE 

LA BIBBIA CRISTIANA 

PANORAMA STORICO DEGLI EVENTI PIU’ IMPORTANTI E LE DATE APPROSSIMATIVE 

DALL’EBRAISMO AL GIUDAISMO E LA VOCAZIONE PROFETICA DEL BATTISTA 

ISRAELE E LA VENUTA DEL MESSIA, IL LIBERATORE 

CURIOSITA’ SUI VANGELI 

SULLA NATIVITA’ DI CRISTO 

LA BUONA NOVELLA E LA STELLA DI BETLEMME 

GIUSEPPE DELLA STIRPE DI DAVID, CUSTODE DELLA VITA DI GESU’ 

L’ASPETTO TEOLOGICO DEL SALVATORE: ET VERBUM CARO FACTUM EST 

IL CONTESTO STORICO E LA POLITICA AI TEMPI DI GESU’ 

GLI ZELOTI E LE GUERRE GIUDAICHE 

PREDICAZIONE, PASSIONE, MORTE E RISURREZIONE DI CRISTO 

LE FONTI EXTRA-EVANGELICHE SUL GESU’ STORICO 

LA SPADA DELL’APOSTOLO PIETRO 

GERUSALEMME E GLI ULTIMI GIORNI 

LA BATTAGLIA FINALE E IL RITORNO DI CRISTO 


SEZIONI IMMAGINI
BIBLIOGRAFIA 

Copertina rigida - Pag.378

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Il libro è acquistabile nel seguente link:
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Potrebbe interessarvi anche questo altro saggio che tratta la medesima questione:

Gerusalemme tra Cielo e Terra:: Indagine sul Dio Unico e su Israele alla luce della Tradizione Giudaico-Cristiana:
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ET INCARNATUS EST - INTRODUZIONE ALLA CRISTOLOGIA DI TOMMASO D'AQUINO NELLA SOMMA TEOLOGICA di Michele Perrotta

 










ET INCARNATUS EST - INTRODUZIONE ALLA CRISTOLOGIA DI TOMMASO D'AQUINO NELLA SOMMA TEOLOGICA di Michele Perrotta



Consideriamo la Cristologia, e con essa tutto il mistero che l’avvolge, la nostra prima passione; letteralmente il nostro primo amore per quanto concerne la ricerca nel campo che costituisce l’ordine spirituale. 


Dopo più di venticinque anni di studio su questo sublime argomento era doveroso per noi scrivere un saggio dedicato proprio alla Cristologia, soprattutto su quella parte inerente all’‘incarnazione di Dio’ nella persona di Gesù Cristo.

In questo lavoro, che vuole essere un doveroso omaggio a colui che consideriamo il più grande teologo di tutti i tempi, nonché filosofo e frate domenicano San Tommaso d’Aquino (1225-1274), il quale ebbe il merito di unire nel Medio Evo la filosofia aristotelica alla teologia cristiana, elaborando un sistema basato sul presupposto che ‘ragione’ e ‘fede’ sono conciliabili, prenderemo in esame quella parte della Cristologia che si rifà al dogma principale del Cristianesimo che lo distingue per sua stessa natura dalle altre fedi religiose, cioè l’‘incarnazione di Dio’.


La Chiesa cattolica chiama incarnazione il mistero dell’ammirabile unione della natura divina e della natura umana nell’unica persona divina del Verbo.  Per realizzare la nostra salvezza il ‘figlio di Dio’ si è fatto carne diventando veramente uomo. La fede nell’incarnazione è segno distintivo della ‘fede cristiana’. 

La singolarità del mistero dell’incarnazione, e questo è bene evidenziarlo, sarà unicamente esaminata in quest’opera dal punto di vista del Cristianesimo stesso. 


Alla luce di quanto appena affermato, se partiamo da questo presupposto, è doveroso per noi precisare quanto segue su questa particolare fede religiosa: per quanto possa sembrare strano, secondo la concezione cristiana, il Cristianesimo non è una religione vera e propria, come può essere definita l’Ebraismo o l’Islam, bensì una ‘fede teologale’ in cui non è l’uomo a legarsi a Dio bensì è quest’ultimo che, secondo la rivelazione, si è legato alla creatura divenendo Egli stesso un ‘uomo’. 

In poche parole Dio, entrando nel tempo, si è donato divinamente all’uomo e lo ha coinvolto nella Sua Grazia santificante, cioè lo ha reso partecipe del Suo infinito amore.


Alla luce di quanto appena espresso, quindi, il Cristianesimo non si configura come religione, ma, e lo ripetiamo ancora una volta, come ‘fede teologale’.

Infatti non dobbiamo confondere Dio, l’Altissimo, come oggetto di religione, semmai come oggetto di fede. 

La religione ha infatti per oggetto il culto, non Dio; è la fede teologale ad avere invece come oggetto l’Altissimo, cioè il Signore Dio.

                                     


La Somma Teologica (Summa Theologiae) è la più famosa delle opere di San Tommaso d’Aquino.

È il trattato più celeberrimo della cosiddetta teologia medievale e fu scritto negli ultimi anni di vita dell’autore. In questo lavoro saranno trattate le prime cinque ‘Questioni’ della Terza parte della Somma Teologica incentrata proprio sulla Cristologia.

Quest’opera vuole essere a tutti gli effetti un saggio focalizzato sui misteri, troppo spesso fraintesi, e sull’essenza stessa su cui si basa il Cristianesimo, ossia l’incarnazione di Dio (incarnatio dei): 

‘Et verbum caro factum est et habitavit in nobis’. 


Michele P.

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SEZIONE ARGOMENTI:

ET VERBUM CARO FACTUM EST

I QUATTRO SENSI INTERPRETATIVI DELLE SACRE SCRITTURE

INTRODUZIONE ALLA SOMMA TEOLOGICA DI TOMMASO D’AQUINO

SUMMA THEOLOGIAE (TERTIA PARS)

CONCLUSIONI


(Copertina rigida - 194 pagine)

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Il libro cartaceo è disponibile nel link sottostante:
https://www.amazon.it/INCARNATUS-EST-Introduzione-Cristologia-Teologica/dp/B09ZG429CQ







ET VERBUM CARO FACTUM EST (PARAGRAFO TRATTO DAL LIBRO 'ET INCARNATUS EST: INTRODUZIONE ALLA CRISTOLOGIA DI TOMMASO D'AQUINO') di Michele Perrotta



Voglio offrire a tutti voi l'intero primo paragrafo tratto dal libro ‘Et incarnatus est: Introduzione alla Cristologia di Tommaso d’Aquino nella Somma Teologica’ di Michele Perrotta. 



Dal Testo in questione: 


'ET VERBUM CARO FACTUM EST'   


“È in Cristo che abita corporalmente tutta la pienezza della divinità”. 
(Colossesi 2:9) 

 




Consideriamo la Cristologia, e con essa tutto il mistero che l’avvolge, la nostra prima passione; letteralmente il nostro primo amore per quanto concerne la ricerca nel campo che costituisce l’ordine spirituale. Dopo più di venticinque anni di studio su questo sublime argomento era doveroso per noi scrivere un saggio dedicato proprio alla Cristologia, soprattutto su quella parte inerente all’‘incarnazione di Dio’ nella persona di Gesù Cristo.   

Questo libro sarà ovviamente focalizzato sulla visione cristocentrica  come riconosciuta e accettata dal Cattolicesimo. 

Per tanto, in questo lavoro, che vuole essere un doveroso omaggio a colui che consideriamo il più grande teologo di tutti i tempi, nonché filosofo e frate domenicano San Tommaso d’Aquino (1225-1274) , il quale ebbe il merito di unire nel Medio Evo la filosofia aristotelica alla teologia cristiana elaborando un sistema basato sul presupposto che ‘ragione’ e ‘fede’ sono conciliabili, prenderemo in esame quella parte della Cristologia che si rifà al dogma principale del Cristianesimo che lo distingue per sua stessa natura dalle altre fedi religiose, cioè l’‘incarnazione di Dio’. 


La Chiesa cattolica chiama ‘Incarnazione’ il mistero dell’ammirabile unione della natura divina e della natura umana nell’unica persona divina del Verbo. 

Per realizzare la nostra salvezza il ‘figlio di Dio’ si è fatto carne diventando veramente uomo. La fede nell’incarnazione è segno distintivo della ‘fede cristiana’. 


“Nel sesto mese, l’angelo Gabriele fu mandato da Dio in una città della Galilea, chiamata Nazaret, a una vergine, promessa sposa di un uomo della casa di Davide, chiamato Giuseppe. La vergine si chiamava Maria. Entrando da lei, disse: “Ti saluto, o piena di grazia, il Signore è con te”. A queste parole ella rimase turbata e si domandava che senso avesse un tale saluto. L’angelo le disse: “Non temere, Maria, perché hai trovato grazia presso Dio. Ecco concepirai un figlio, lo darai alla luce e lo chiamerai Gesù. Sarà grande e chiamato Figlio dell’Altissimo; il Signore Dio gli darà il trono di Davide suo padre e regnerà per sempre sulla casa di Giacobbe e il suo regno non avrà fine”. Allora Maria disse all’angelo: “Come è possibile? Non conosco uomo”.  Le rispose l’angelo: “Lo Spirito Santo scenderà su di te, su te stenderà la sua ombra la potenza dell’Altissimo. Colui che nascerà sarà dunque santo e chiamato Figlio di Dio. Vedi: anche Elisabetta, tua parente, nella sua vecchiaia, ha concepito un figlio e questo è il sesto mese per lei, che tutti dicevano sterile: nulla è impossibile a Dio”.
Allora Maria disse: “Eccomi, sono la serva del Signore, avvenga di me quello che hai detto”. E l’angelo partì da lei”.
(Luca 1:26-38) 


                                   




La singolarità del mistero dell’incarnazione, e questo è bene evidenziarlo, sarà unicamente esaminata in quest’opera dal punto di vista del Cristianesimo.   

Alla luce di quanto appena affermato, se partiamo da questo presupposto, è doveroso per noi precisare quanto segue su questa particolare fede religiosa: per quanto possa sembrare strano, secondo la concezione cristiana, il Cristianesimo non è una religione vera e propria, come può essere definita l’Ebraismo o l’Islam, bensì una ‘fede teologale’ in cui non è l’uomo a legarsi a Dio bensì è quest’ultimo che, secondo la rivelazione, si è legato alla creatura divenendo Egli stesso un ‘uomo’. 

In sostanza Dio, entrando nel tempo, si è donato divinamente all’uomo e lo ha coinvolto nella Sua Grazia santificante, cioè lo ha reso partecipe del Suo infinito amore. 


“L’uomo cadde, ma Dio discese. Cadde l’uomo miseramente, discese Dio misericordiosamente; cadde l’uomo per la superbia, discese Dio con la grazia”. 
(Sant’Agostino) 



Alla luce di quanto appena espresso, quindi, il Cristianesimo non si configura come religione, ma, e lo ripetiamo ancora una volta, come ‘fede teologale’.

Infatti non dobbiamo confondere Dio, l’Altissimo, come oggetto di religione, semmai come oggetto di fede. 


La religione ha infatti per oggetto il culto, non Dio; è la fede teologale ad avere invece come oggetto l’Altissimo, cioè il Signore Dio. 


Questo secondo quanto professato dal Cristianesimo e non secondo quanto lo studioso delle religioni o il filosofo di turno dice del Cristianesimo.

Tutto ciò lo possiamo attestare chiaramente dal punto di vista della Rivelazione, quindi alla luce di ciò che per sua natura il Cristianesimo descrive di sé e/o sostiene di essere.   

Non si tratta quindi, come già detto, di una religione, di una virtù umana che offre a Dio qualcosa (culto, sacrifici, preghiere, etc., etc.), bensì rappresenta la singolare ‘divinizzazione dell’uomo’. 


Per rimanere in tema su quanto appena espresso, sulla Solennità del Corpus Domini San Tommaso d’Aquino offre la seguente disamina:   

“L’Unigenito Figlio di Dio, volendoci partecipi della sua divinità, assunse la nostra natura e si fece uomo per far di noi, da uomini, dèi. Tutto quello che assunse, lo valorizzò per la nostra salvezza. Offrì infatti a Dio Padre il suo corpo come vittima sull’altare della croce per la nostra riconciliazione. Sparse il suo sangue facendolo valere come prezzo e come lavacro, perché, redenti dalla umiliante schiavitù, fossimo purificati da tutti i peccati. Perché rimanesse in noi, infine, un costante ricordo di così grande beneficio, lasciò ai suoi fedeli il suo corpo in cibo e il suo sangue come bevanda, sotto le specie del pane e del vino...”. 
(‘Opere’ di san Tommaso d’Aquino, dottore della Chiesa –  Opusc. 57, nella festa del Corpo del Signore, lect. 1-4)   


                                              

Dato che la natura di Dio è esclusivamente amore, era necessario che l’uomo tornasse ad essere della stessa sostanza del Padre e quindi farsi Dio per mezzo dell’Unigenito Figlio.   

Questo ci dice esplicitamente la teologia cristiana. 

Cristo vive e muore per gli uomini. L’intero essere del Cristo è dato per noi; essere per noi è il suo unico modo di essere.   Lui si è totalmente donato all’uomo, ragion per cui Dio è amore e la fede cristiana significa credere nel Dio che si fa uomo e che si è sacrificato per quest’ultimo. 

La fede senza amore può conservare solo l’apparenza dell’autentica fede cristiana ma non la sostanza.   


In un nostro precedente lavoro avevamo accennato che anche il teologo, filosofo, e Padre domenicano, Giuseppe Barzaghi in una sua conferenza espresse un concetto analogo a quanto finora detto sulla natura spirituale del cristiano  che ci colpì particolarmente. 


Barzaghi, acuto studioso del Tomismo , espresse l’idea di come il Cristianesimo, nella sua essenza, non fosse una religione vera e propria ma ‘vita divina partecipata all’uomo’.   

Il teologo domenicano sulla medesima questione aggiunse le seguenti parole: 


 “…Il Cristianesimo non c’entra niente con la religione perché la religione è l’uomo che si lega a Dio rendendo a Dio il culto che gli è dovuto. Il Cristianesimo non dice che l’uomo deve legarsi a Dio, ma che Dio ha assunto la natura umana!  E’ Dio che si lega all’uomo, non l’uomo che deve legarsi a Dio. Avete mai sentito di un musulmano che parla di un musulmanesimo (Islam) anonimo? Per un musulmano uno che non è musulmano è un infedele.  […] Per un ebreo uno che non è ebreo non fa parte del popolo eletto. Perché sono religioni!  C’è un aspetto di visibilità, di atteggiamento cultuale che è esclusivo, cioè esclude!                                                Nel Cristianesimo, invece, si dice: “ma uno che non è stato battezzato, e non per colpa sua, non è quindi mai stato raggiunto dal messaggio cristiano, questo qui non va all’Inferno?”                Ma Dio è forse legato ai sacramenti? No, Dio la grazia la può dare  a chi vuole, e quindi se uno non è stato battezzato, e non per colpa sua, non è mai stato raggiunto dal messaggio cristiano, può essere cristiano, anche se apertamente musulmano, anche se apertamente buddista, anche se apertamente ebreo. Perché il Cristianesimo non si risolve nell’atteggiamento religioso, il Cristianesimo è partecipazione della vita divina con la grazia santificante!  Non si può dunque dire che il Cristianesimo è la ‘vera religione’, perché non c’entra niente con la religione, anche se ci sono degli elementi religiosi, non si risolve nella religiosità. E per fortuna! Perché se si risolvesse nella religiosità, visto che il Cristianesimo porta all’espansione massima il legame con Dio, implicherebbe l’espansione massima della religione. E l’eccesso di religione è superstizione”.   


Anche da questa perspicace disamina di Padre Giuseppe Barzaghi, che noi sposiamo appieno, è ineccepibile comprendere, se non altro sotto l’aspetto metafisico, che per sua stessa essenza va ben oltre la questione fideistica, che più della fede e della speranza, quello che conta in maniera eccelsa tra le tre cosiddette ‘virtù teologali ’ è l’amore (caritas), come rimarcato da San Paolo nella prima lettera ai Corinzi (1Cor.13:1-13).   


E quale amore è più grande se non quello di Dio, il ‘Reggente dell’Universo’, che decide di farsi uomo tra gli uomini per insegnarci la retta via e per donarci la vera libertà, cioè la Salvazione? 


L’incarnazione di Dio, a differenza di quello che pensano altri studiosi di tematiche spirituali, è sempre stata per noi la cosa più misteriosa e affascinante che abbiamo studiato tra tutte le questioni riguardanti il sovrannaturale.   

Il Creatore che per pura grazia si ‘abbassa’ al livello della creatura per rettificarla e di conseguenza salvarla la riteniamo l’opera più nobile e più sublime sia dal punto di vista teologico che metafisico.


                                      


Ma entriamo dentro a questa particolare visione partendo dell’incipit del Vangelo di Giovanni: 

“In principio era il Verbo, il Verbo era presso Dio e il Verbo era Dio. Egli era in principio presso Dio: tutto è stato fatto per mezzo di lui, e senza di lui niente è stato fatto di tutto ciò che  esiste”.
(Giovanni 1:1-3)   


Questo ‘principio’, ed è qui la grandezza di tale questione, assume nella Sacra Scrittura una connotazione del tutto diversa da una porzione di tempo –  esso designa l’eternità.   

Il Verbo, infatti, esiste prima dell’esistenza stessa, cioè esiste prima della creazione fisica (manifestazione materiale).


Per ‘prima’ intendiamo non una precedenza cronologica ma l’idea stessa di ‘vita eterna’ – antichi maestri parlano di quell’ ‘ante’ come un punto, un ‘luogo ideale’, dal quale osservare il dipanarsi della Creazione divina  . 

Il ‘prima’ è dunque da intendere come una sorta di spiegazione del movimento dello Spirito Creatore che si espande da Dio verso l’atto creativo, cioè nel ‘Principio’ che l’apostolo Giovanni descrive nel suo Prologo e che poi si fa carne.   


Questo ‘prima’ è sostanzialmente un punto di focalizzazione di uno stato eterno su cui Dio però ha voluto segnare il Suo ingresso nel nostro mondo. 

Per il Cristianesimo l’incarnazione di Dio risulta essere a tutti gli effetti un atto d’amore dell’Eterno verso l’uomo mediante la sottomissione del volere di una donna: Maria, ancella del Signore. 


Stando a ciò che ci racconta la teologia, la grandezza di Maria  risiede nella sua risposta a Dio: essa accetta umilmente il dono offerto dall’Altissimo rendendosi disponibile alla Sua chiamata.   

Grazie a Maria, che ha assecondato umilmente i piani del Signore Dio, l’intera umanità può godere di questo inestimabile dono. 


Maria è il modello per tutti i cristiani perché esegue quello che Dio vuole da lei ed è proprio in questo che consiste la sua santità. 

Quest’opera, come abbiamo già ricordato, vuole essere a tutti gli effetti un saggio focalizzato sui misteri, troppo spesso fraintesi, e sull’essenza stessa su cui si basa il Cristianesimo, ossia l’incarnazione di Dio (incarnatio dei): 

‘Et Verbum caro factum est et habitavit in nobis’.   


                             


 Accettare l’incarnazione di Dio è un atto difficile in questo mondo materiale dominato dai sensi, dall’ignoranza, e da sistemi teorici basati su determinati schemi materialisti che, per forza di cose, hanno condizionato e condizionano tutt’oggi il nostro modo di pensare incentrato prevalentemente su ciò che noi chiamiamo ‘pragmatismo scientifico’.   

Detto questo, però, è altrettanto elementare comprendere che se accettiamo l’idea (spiritualista) che tutte quante noi siamo anime incarnate che partecipano al gioco della vita, chi può impedire a Dio onnipotente di interagire con noi in questo universo fisico e, in tal senso, prendere anche parte nella nostra esistenza interpretando il ruolo di un ‘essere umano’, che sia esso inteso come un’emanazione del Divino, una proiezione della Verità Assoluta, un’entità pienamente realizzata colma di attributi divini, o persino un’incarnazione stessa di Dio come enunciato dalla rivelazione cristica? 


Nel Cristianesimo il Dio Padre, nonostante sia la stessa entità, diviene Figlio, l’Emmanuele (‘Dio con noi’), per donare la salvezza all’umanità. 

L’incarnazione di Dio, come ci rivela l’Aquinate nella sua opera più famosa che presenteremo nelle pagine a seguire, Summa Theologiae (Somma Teologica), è l’argomento centrale, ma anche quello più complesso e discusso all’interno della Cristologia.   


L’Eterno entra nel tempo per mezzo dell’incarnazione, ed è in tal modo che, per Grazia Divina, l’Inconoscibile diviene conoscibile; l’Ultraterreno diviene terreno, ciò che è metafisico diviene fisico, in sostanza, ‘il Logos divino si fa carne’, ed è questo il grande miracolo:   

Dio, unica sorgente di verità, dalla Sua dimora più elevata, non si è scordato delle Sue creature più amate e della Sua promessa, cioè donarci la vita eterna. 


Secondo la teologia cristiana la Bibbia deve esser letta in modo globale. Essa contiene una rivelazione progressiva che culmina con l’avvento di Cristo: non ci si può dunque fermare ad un brano, specie dell’Antico Testamento, e assolutizzarlo, senza tener conto della ‘rivelazione cristica’ che può averlo arricchito o addirittura ‘corretto’ (migliorato). 

Per i cristiani il Vecchio Testamento va letto alla luce del Nuovo Testamento; una verità spirituale, infatti, va vista nell’intero arco della rivelazione per comprenderla e svilupparla rettamente nel proprio intimo.   

La Bibbia deve essere quindi utilizzata e compresa per intero dalla Genesi all’Apocalisse di Giovanni.  


Nel Vangelo il Paràclito (παρα κλητος – ‘invocato’)   discende direttamente dal regno celeste del Padre per donare, attraverso Suo Figlio, la salvezza nel nome dell’Àgape. 

                                              
                                                                                  
Il Divino, che fino ad allora pretese di non essere raffigurato attraverso le statue e le immagini (Esodo 20:4), decide di rivelarsi agli uomini per mezzo dell’incarnazione chiedendo all’uomo soltanto una cosa: di essere amato e di seguire la Sua Legge. 


Il Vangelo ci rivela non solo che Dio è amore, ma che attraverso questa ‘Nuova alleanza’ l’intera umanità si potrà salvare per mezzo del messaggio evangelico e del sacrificio del Dio fatto uomo.   

“ Ora, mentre essi mangiavano, Gesù prese il pane e, pronunziata la benedizione, lo spezzò e lo diede ai discepoli dicendo: “Prendete e mangiate; questo è il mio corpo”. Poi prese il calice e, dopo aver reso grazie, lo diede loro, dicendo: “Bevetene tutti,  perché questo è il mio sangue dell’alleanza, versato per molti, in remissione dei peccati”.
(Matteo 26:26-28) 


                                     

Quando nella Bibbia si parla dello ‘Spirito di Dio’ si allude alla potenza del Signore (YHWH) che crea. 

E’ lo Spirito di Dio che all’inizio si vibrava sulle acque trasformando il Caos primordiale in Cosmo. 


La Bibbia ci dice che quando lo Spirito viene inviato si creano gli esseri viventi. 

Se lo Spirito viene su Maria è perché si deve realizzare dunque una ‘nuova creazione’.   


Secondo la teologia, infatti, quello stesso Dio che ha creato l’essere dal nulla introduce nella storia un ‘nuovo principio vitale’ per mezzo della ‘madre di Dio’ (Θεοτόκος - Theotókos): Suo Figlio si fa carne, Dio si fa uomo. 


La Buona novella si fa emblema della rivincita degli ultimi: la giustizia divina del Padre che, nel nome dell’amore, attraverso suo Figlio, prevarica sull’ingiustizia umana che più volte il ‘popolo eletto’, gli ebrei, ha subìto nel corso della sua esistenza. 

In questo progetto celeste, come già indicato, è Dio che si lega all’uomo e non viceversa! 


Il concetto di religione viene dunque assimilato e allo stesso tempo dissolto in Lui per mezzo della Grazia divina. 

Questo rivela nitidamente il Cristianesimo a cui siamo molto legati in quanto una delle principali forme tradizionali  esistenti nel globo terrestre. 


Dunque se il Cristianesimo è, nella sua essenza, la ‘partecipazione della vita di Dio’, cioè della vita eterna, per comprenderlo appieno dobbiamo rivolgerci al Suo sguardo, cioè focalizzare il tutto dal Suo punto di vista, vale a dire dallo sguardo stesso dell’Eterno.   

Dobbiamo in pratica trascendere la visione del mondo e proiettare la nostra mente nel piano verticale.

Vedremo nel prossimo paragrafo il metodo con cui è possibile applicare la ‘visione anagogica’ della Sacra Scrittura per mettere a fuoco l’obiettivo con cui il Divino osserva le cose. 


Nella visione cristiana Dio è Uno e Trino (Santissima Trinità), ed è in tal senso concepito come Padre, Figlio e Spirito Santo; questo concetto tripartito viene di solito spiegato  mediante il seguente ragionamento: l’acqua può essere liquida, ghiaccio e vapore.   

Tre differenti aspetti della stessa sostanza o realtà.


Un’unica relazione, quindi, quella del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo, che si distingue negli opposti: la causa che pone nel proprio effetto una Sua somiglianza. 


“ Il mistero dell’incarnazione non si è attuato per un qualche cambiamento nell’eterna condizione di Dio, ma in quanto Egli in maniera nuova si unì a una creatura o meglio unì a Sé la creatura ”.
(Thomas Aquinas – Summa Theologiae, Tertia pars – Questione 1; Articolo 1) 



L’Eterno, di per sé misterioso ed intellegibile, si dischiuse in tal modo aprendosi (facendosi conoscere) al mondo. 

Tutto questo, stando sempre secondo ciò che ci testimoniano le Scritture, per ‘grazia’, cioè per amore verso le Sue creature.   

Secondo Tommaso d’Aquino la filosofia è conciliante alla teologia, ed è infatti per mezzo di essa che è possibile ‘penetrare le verità della fede mediante la ragione’, considerata dall’Aquinate ‘preambula fidei’, ovvero motivazione principale del dono dell’intelletto che porta a realizzare e successivamente a credere.   

La ragione, messa al servizio della fede, per Tommaso deve chiarificare quest’ultima. 

Ed è proprio questa la funzione che auspica questo nostro trattato: investigare sui misteri della fede mediante il raziocinio perché l’atto più sublime che l’uomo possa compiere è, a nostro avviso, proprio quello di saper pensare e attraverso il pensiero riuscire ad elevarsi.   


La mente, del resto, non è altro che il ‘santuario’ dove vengono custodite le cose intelligenti e sapienti.  


Ma è davvero possibile, per usare le parole esposte in uno dei tanti quesiti che Volusiano  rivolse a Sant’Agostino, ovvero:   “ che dentro il corpicciuolo di un bimbo in fasce si nasconda colui al quale non basta l’universo; che abbandoni i suoi cieli il grande Sovrano, e riduca a un solo minuscolo corpo il governo di tutto l’universo”?   


Per rispondere in maniera esaustiva a questo interessante quesito è doveroso stipulare alcune considerazioni ben precise inerenti alla Cristologia che sono le seguenti:  la divinità, anche se in qualche modo sembra ‘ridursi’ nel prendere consistenza in un corpo umano, quindi all’interno di una creatura ‘finita’ e ‘limitata’, non rinuncia al controllo assoluto sull’intera creazione perché, in realtà, la Sua vera essenza è infinita ed illimitata, dunque senza spazio e senza tempo, e quindi non può avere un potere minore o ridotto quando discende nel mondo materiale.   


Sant’Agostino, infatti, risponde a Volusiano utilizzando queste ferme parole:   

“ Egli ha il potere d’essere intero dovunque, senza essere racchiuso in alcun luogo, di venire senza allontanarsi dal luogo dov’era, d’andarsene senza abbandonare il luogo da dove era venuto”.     

Questa è la grandezza di Dio che sfugge a tutte le leggi della fisica in quanto Onnipotente.                                                                                                           

Tommaso, nella Somma Teologica Questione 1; Articolo 1  (Tertia pars), riprende la medesima questione ampliando il seguente concetto in questi termini:

“La dottrina cristiana non insegna che Dio, calandosi nella carne umana, abbia abbandonato o perduto il governo dell’universo, oppure che l’abbia come ristretto in quel minuscolo corpo: questa è immaginazione di uomini capaci di pensare solo a livello della materia. Dio è grande non per mole, ma per la sua potenza; perciò la sua grandezza raccogliendosi nelle piccole cose non ne sente disagio. Come il nostro fugace parlare viene ascoltato in un medesimo istante da molti e arriva a ciascuno per intero, così non è incredibile che il Verbo divino, non fugace, sia contemporaneamente tutto e dovunque”.   


L’Aquinate specifica inoltre come Cristo, in quanto ‘vero Uomo e vero Dio’, in realtà non abbia avuto un corpo apparente e né un corpo celeste, ma un corpo fisico vero e proprio come quello degli uomini comuni – soggetto quindi al freddo, al calore, al dolore, alla fame, alla sete, etc., etc..   


Tutto ciò lo esamineremo in modo dettagliato più avanti quando sarà presentato il testo originale (Quaestiones 5,2).  


La natura divina di Gesù la si evince anche quando egli discese negli inferi: 

“Il termine Inferi o Inferno, ha riferimento al male della pena, non al male della colpa. Perciò era opportuno che Cristo vi discendesse: non perché lui meritasse la pena, ma per liberare quelli che dovevano subirla. La Passione di Cristo fu come la causa universale della salvezza umana, sia dei vivi che dei morti… 
… l’anima di Cristo discese all’Inferno non con il moto che è proprio dei corpi, ma con quello che è proprio degli angeli”. 
(Thomas Aquinas – Summa Theologiae, Tertia pars – Questione 52, Articolo1) 


                                           



Cristo morì veramente perché potesse entrare la vita nel regno della morte.


Secondo la teologia cristiana la morte era stata introdotta nel mondo per colpa dell’egoismo di Adamo  reo di aver messo se stesso al posto di Dio.   

La vita ci viene riportata dall’amore del sacrificio di Gesù.

Dalla morte, adesso, pulsa la vita!   


Cristo è infatti il Dio dei viventi, che vive eternamente nell’amore tra il Padre e il Figlio.

L’incarnazione del figlio di Dio è il segno dell’amore di Dio per noi ed è il fondamento stesso della nostra eternità. 

“Perché cercate tra i morti colui che è vivo? Non è qui, è risuscitato. Ricordatevi come vi parlò quando era ancora in Galilea, dicendo che bisognava che il Figlio dell’uomo fosse consegnato in mano ai peccatori, che fosse crocifisso e risuscitasse il terzo giorno”.
(Luca 24:5-7) 


Oggi gli esseri umani non si accorgono di esser parte di qualcosa più grande di loro.   
Se desiderano sentirsi completi devono, a nostro modo di vedere, riscoprire in cuor loro Dio, uscendo definitivamente dall’illusione della realtà materialistica di cui sono, volenti o nolenti, prigionieri.

Le persone comuni, nonostante siano state circondate per secoli dal Cristianesimo, non sono mai state completamente in sintonia con il suo messaggio spirituale.   


Purtroppo il razionalismo dell’odierna società secolarizzata rende molte persone scettiche e persino ostili nei confronti del sacro.

Salvo rarissime eccezioni, l’uomo moderno non riesce a comprendere che i fatti del mondo non sono la fine della questione; esiste una realtà spirituale, divina, che Tommaso d’Aquino descrive nei minimi particolari nei suoi magnifici trattati teologici ed è ad essa che dobbiamo prevalentemente pensare prima di dire o fare qualcosa su questo piano di realtà. 

Il senso della vita va infatti ricercato dentro di noi, laddove esiste una dimensione totalmente intima in cui la nostra anima dimora in attesa di essere risvegliata e di essere ricondotta a Dio – anche attraverso il lume della ragione.   


Grazie allo studio della Summa Theologiae è possibile, secondo noi, rendere in comunione la nostra mente con la nostra anima e proiettare i nostri pensieri verso l’Altissimo, il sommo artefice di tutto ciò che esiste.   

                                                   

Per Tommaso tutte le cose presenti in natura sono regolamentate dal rapporto causa-effetto di cui la ‘causa prima’ (esente da un precedente effetto originale) è Dio stesso.   

Inoltre per l’Aquinate non esiste il concetto di ‘infinito’, come invece teorizzato da altri pensatori, in quanto quest’ultimo è inteso da Tommaso come una ‘non prospettiva’.   

In rapporto a questa esperienza della ‘finitudine’, di fronte all’infinito medesimo, Tommaso realizza un disegno divino con un principio ed una fine che è Dio stesso. 


Tutto ciò che è causato nell’universo fisico è figlio della causa prima, cioè è frutto dell’operato dell’Eterno.  

Ogni cosa per Tommaso avviene in vista di un fine di cui il fine ultimo è inequivocabilmente Dio – Ex fine.   


In quest’ottica, anziché risalire all’indietro, l’Aquinate proietta la sua visione in avanti e cerca quale sia il fine della creazione. 

Ogni cosa ha uno scopo immediato, ma tutti gli scopi tenderanno verso un unico scopo universale che altri non è che Dio.   

Se per la teologia il Cristo incarna il Logos, è dunque opportuno dire che i cristiani potranno cercare di comprendere e risalire a Dio anche per mezzo della logica   e non solo con la fede.   

Quindi, in accordo con quanto sostiene Tommaso, per mezzo della ragione.


Mantenere il pensiero elevato, a parer nostro, porta l’essere a contemplare le cose eccelse e, conseguentemente, a riavvicinarsi al Divino. 


La teologia sviluppata dall’Aquinate, a differenza di quella dei Padri della Chiesa e dello stesso Sant’Agostino, è fondamentalmente una ‘teologia razionale’, destinata non tanto alle persone comuni, quanto agli studenti e ai colleghi maestri di teologia.   


Tommaso, scegliendo deliberatamente Aristotele come sua guida principale in filosofia, incorse inevitabilmente nella critica del tempo; da una parte fu criticato aspramente per aver messo in discussione la tradizione neoplatonica nella sua veste cristiana e, dall’altra, per aver abbracciato l’Aristotelismo del filosofo e medico musulmano Averroè (1126-1198). 


Le opere di Aristotele, in gran parte recuperate proprio dagli arabi, una volta tradotte in latino ebbero un grande impatto sul pensiero medievale. Nondimeno l’opera di Tommaso d’Aquino ebbe tuttavia il merito di  armonizzare nel Medio Evo il messaggio evangelico e la filosofia classica riunendola sotto una nuova luce.   


La destrezza della sua mente analitica e sintetica, oggi riconosciuta da tutti, è come se avesse in qualche modo purificato tutto il materiale che egli ha studiato nel corso della sua formazione filosofica per ridurlo all’essenziale e dargli una forma nuova e originale, aperta alle prospettive future.   

Nel periodo in cui visse Tommaso fu l’Averroismo ad avere avuto il merito di introdurre nella cultura medievale, come già espresso, la filosofia aristotelica esaltandone il razionalismo; tuttavia Tommaso tradusse i testi di Aristotele in latino e creò una filosofia che utilizzava la grammatica aristotelica come metodo per fare esperienza dentro il concetto di Verità.   


In principio le sue tesi non furono accettate, ma in un secondo momento, dopo la sua morte, ci fu un riconoscimento ufficiale: Tommaso d’Aquino aveva fondamentalmente ‘cristianizzato Aristotele’ trattando le problematiche del Cristianesimo e servendosi dei concetti del filosofo greco dimostrando in questo modo che la teologia poteva essere riconosciuta come un’effettiva ed accurata ‘scienza dimostrativa’.   


Non a caso Tommaso d’Aquino viene considerato colui che portò la Scolastica al suo massimo splendore ed è, insieme a Sant’Agostino, riconosciuto tutt’oggi come uno dei pilastri portanti della dottrina cattolica.   

Mentre il Vescovo d’Ippona ebbe il merito di portare Platone nel mondo cristiano, Tommaso fu colui che introdusse Aristotele nel cuore della teologia cristiana.   


Secondo l’Aquinate, infatti, sarà proprio attraverso la ragione, punto cardine della filosofia aristotelica, che sarà possibile indagare la natura e, di conseguenza, arrivare ad investigare i misteri della fede.   

Una fede, in pratica, supportata chiaramente dalla ragione. 


Nei suoi scritti Tommaso sostiene che la fede cristiana non è né incompatibile né contraddittoria con un esercizio della ragione secondo i suoi princìpi; le ‘verità’, quelle di fede e quelle di ragione, possono quindi integrarsi in un armonico sistema sintetico senza contraddirsi.   

L’Aquinate pone come principio il rispetto dell’ordine razionale, creato e voluto da Dio, ‘Causa primaria’ e ‘Motore immobile’ (atto senza potenza e forma senza materia), per consentire all’uomo di conoscere la Verità ultima.   


Egli distingue dunque ‘ragione naturale’ e ‘ragione illuminata dalla Rivelazione’, quindi ‘teologia naturale’ e ‘teologia rivelata’, in cui Dio è inequivocabilmente l’oggetto di tutta l’opera di Tommaso. 

Secondo il Doctor angelicus, la filosofia ha il compito prima di esaminare e studiare gli esseri creati per poi elevarsi, in un secondo momento, alla conoscenza del Creatore; nell’ordine della teologia, invece, si comincia con lo studio di Dio, ed è proprio quest’ordine che si segue nei suoi illuminanti lavori. 


Non c’è separazione tra teologia e filosofia, a differenza di ciò che espose nelle sue conversazioni San Bonaventura, il quale affermava che la teologia iniziasse laddove finisse la filosofia.   

Per Tommaso, invece, e citiamo letteralmente le sue parole: 

“La filosofia è l’ancella della teologia”. 


Alla critica mossa da San Bonaventura è nota la risposta che, in una disputa universitaria, Tommaso diede al santo di Bagnoregio che gli aveva rimproverato di versare l’acqua della ragione nel vino puro della Rivelazione, ossia di mischiare la filosofia con la teologia; l’Aquinate rispose all’amico francescano con queste strabilianti parole che ancora oggi risultano essere più che significative:   


“ Noi continuiamo il convito di Cana, in cui l’acqua fu cambiata in vino. Faccio mio questo intendere, nella cosciente convinzione che non bisogna temere di capire, conoscere, procedere, soprattutto non bisogna aver paura di chi semina confusione poiché l’acqua fu cambiata in vino, rivelandosi, e più forte della morte è l’amore, e il pensiero che da esso genera, pensiero che edifica l’umano, lo rende azione e, con fermezza, si manifesta libero e incondizionato di fronte alla realtà ”. 


Tommaso è inclusivo, include soprattutto sempre il Divino nei suoi concetti filosofici e ce lo mostra chiaramente attraverso tutti i suoi discorsi articolati come nella discussione appena citata.
E’ semplicemente geniale! 


San Tommaso d’Aquino rappresenta uno dei principali pilastri del pensiero filosofico occidentale e il suo esempio di ricercatore di Verità ci ricorda che la mente umana, se guidata dalla fede più pura, può realmente arrivare a sfiorare la ‘Porta del Paradiso’. 


Continua… 

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Potete acquistare il libro cartaceo (copertina rigida) nel seguente link:

ET INCARNATUS EST: Introduzione alla Cristologia di Tommaso d’Aquino nella Somma Teologica: 
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DE OCCULTA SAPIENTIA - TRATTATO SULLA VIA REGALE E OPERATIVA DELLA GEOMETRIA SACRA TRA SCIENZA E MAGIA di Michele Perrotta

 


De Occulta Sapientia - Trattato sulla Via Regale e operativa della Geometria Sacra tra Scienza e Magia di Michele Perrotta

Descrizione: 

Quella che può sembrare una sorta di contraddizione in termini nell’utilizzo della parola Geometria sacra, in cui si unisce una ‘scienza matematica’, quindi tangibile e misurabile, con ciò che è sacro, e quindi con Dio che invece è un’entità trascendente e un concetto non tangibile, in realtà non lo è.

La Geometria sacra è il modello che rivela l’ordine divino presente in ogni aspetto della nostra realtà fisica oltre che della nostra interiorità. 

Possiamo individuare questo sacro ordine partendo dall’atomo fino ad arrivare ad esaminare la natura dei vari pianeti o delle innumerevoli stelle, scoprendo in loro la stessa matrice che è presente in noi.  Per queste ragioni possiamo considerare la Geometria sacra come un’impronta marcata della divinità. 


Questa ‘scienza’ è un sapere funzionale che porta a capire come è strutturata la matrice determinante in cui Dio esercita la sua funzione primaria, vale a dire come la ‘forza creatrice’ genera, forma e plasma ogni cosa nel creato pur rimanendo sempre attiva e produttiva in ogni punto del Cosmo. 

Cioè costantemente viva e presente in questa interminabile emanazione in cui l’Universo continua ancora ad espandersi. 

La scienza oggi è in grado di dimostrare come tutto quello che esiste nell’Universo materiale sia costituito principalmente da ‘Luce’, o più precisamente ‘Energia’ (misura), e ‘Vibrazione’ (peso/frequenze/intervalli). 

La gravità e i legami elettromagnetici sono, pertanto, gli ‘scultori’ delle svariate simmetrie presenti in Natura. 


Tutte le geometrie che osserviamo nell’Universo fisico sono dunque, ancora prima di essere ‘numeri’ che offriranno forme ben precise, ‘pensiero pensato’ da una ‘Mente superna’: sono creazioni elaborate da una ‘Legge divina’ non scritta ma sempre vigente. 


Le incalcolabili forme presenti nel mondo fisico sono a tutti gli effetti simboli della vita sviluppatasi grazie all’intervento di una precisa logica come se questa fosse realmente guidata dalla ‘mano’ di Dio. 

Sono da considerarsi a tutti gli effetti un’epifanìa, cioè manifestazioni terrene della divinità creante ed emanativa. 

Se c’è una ‘Logica’ ci deve essere di conseguenza un Artefice, un ideatore responsabile di tutto ciò. 


Molte cose presenti nella manifestazione materiale, così come le antiche strutture edificate dagli iniziati ai misteri con precise proporzioni geometriche, indicano per ‘numeri’ ed ‘immagini’ l’ordine divino o il ‘codice dell’Universo’ stesso con cui Dio dà origine alle infinite cose che esistono nel regno fisico. 

Questo saggio non vuole limitarsi ad essere il solito trattato incentrato sugli aspetti oscuri di una o più tradizioni che tenta di svelare chissà quale verità alternativa tenuta finora nascosta, o il solito scritto che tratta di Geometria sacra in senso generico, bensì ha l’ambiziosa pretesa di mettere in funzione, con un metodo che al lettore risulterà del tutto inatteso, quelle dinamiche interiori che sembrano essere andate perdute nonostante siano da sempre operative e presenti in noi. 

La conoscenza presentata in questa ricerca è poggiata su degli studi millenari basati sulla struttura dell’intero Cosmo ideato e modellato dalla Mente divina per mezzo di ‘energie vibrazionali’ conformi alle nostre ‘emozioni’, e dunque concatenate alla nostra reale natura o essenza.  Si tratta di un vero e proprio excursus nel ‘Mondo dell’anima’. 

Le perfette forme che noi osserviamo su questo piano di realtà, così come i misteriosi ‘Solidi platonici’, sono in grado di trasformare il nostro sentire e la nostra essenza rendendola più vicina a Dio, ‘forza vitale’ presente in ogni dove. 


In questo scritto è presente una conoscenza che è stata in passato volutamente occultata da alcuni grandi pensatori e mistici. Da qui il titolo. 

Con questo nome l’autore vuole soprattutto indicare una serie di conoscenze, di matrice misterica, che sono state volutamente celate nei secoli dalle varie tradizioni esoteriche. 

Insegnamenti celesti funzionali a smuovere le nostre ‘acque inferiori’.

                     



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Sezione argomenti:

INDIRIZZI DI PALINGENESI di Luca Valentini (INTRODUZIONE AL TESTO)

BREVE PREMESSA

INTRODUZIONE ALLA CONOSCENZA NASCOSTA:  LE ETERNE CONNESSIONI TRA DIO E L’UOMO PER MEZZO DELLE EMOZIONI

LA MULTIDIMENSIONALITA’ DELL’ESSERE –  TRA REALTA’ FISICA E REALTA’ METAFISICA

LE EMOZIONI INTESE COME FREQUENZE ENERGETICHE DELLA GEOMETRIA SACRA

ALCUNE BREVI CONSIDERAZIONI SULLA METAFISICA

LA REGALITA’ DELLA LEGGE DELL’OTTAVA

IL MONDO DEL SIMBOLO E LA VIA ESOTERICA

LA VIA TRASCENDENTALE 

LE GEOMETRIE EMOZIONALI DEI  SOLIDI PLATONICI

LA MERKABAH E LA CONOSCENZA MISTERICA DELLA STIRPE DI DAVID 

LE ENERGIE SOTTILI DERIVANTI DAI MONDI SUPERIORI  E IL SEGRETO DEL FIORE DELLA VITA

LA PRECESSIONE DEGLI EQUINOZI  TRA MITOLOGIA E MATEMATICA

LA SCUOLA PITAGORICA: “TUTTO E’ NUMERO”

I SIGILLI ERMETICI DI GIORDANO BRUNO E IL CUBO DI METATRON

LA GEOMETRIA DEL TEMPO – IL  TESSERATTO (L’IPERCUBO) E LE SUE DIFFERENTI DIMENSIONI

CONCLUSIONI

SEZIONE IMMAGINI

NOTE

BIBLIOGRAFIA


[Copertina flessibile : 319 pagine]

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Dall'introduzione al testo - Indirizzi di Palingenesi di Luca Valentini:



Assumersi l’onere di trattare con diligenza, scrupolo e competenza della dottrina esoterica nelle sue implicazioni e nelle relazioni con la Magia e con la Cabala, è sempre stato un impegno gravoso, di non semplici responsabilità e con non poche problematiche da affrontare e da dirimere, perché la comprensione fallace di simbolismi, di istruzioni criptiche e di insegnamenti filosofici ed ermetici incombe sempre ad ogni pur semplice riflessione.


Tale onere è stato assunto in codesto volume, che con piacere introduciamo, da Michele Perrotta, giovane ricercatore dello spirito, che già ha esplicitato tutto il suo valore ermeneutico in una precedente pubblicazione dedicata a Giordano Bruno.

Assumendo una prospettiva significativamente pitagorica e cabalistica, nella sua dissertazione scritta l’autore ha avuto la serietà di tematizzare e di risolvere alcuni nodi gordiani che spesso si presentano dinanzi allo studioso delle dottrine magico–sapienziali. 


Il primo nodo di Gordio brillantemente sciolto è stato – come noterà nelle pagine seguenti di questo volume l’attento lettore – quello inerente al rapporto tra la sfera dell’Iniziazione e la dimensione devozionale, tra la cosiddetta Ars Regia, concepita come percorso realizzativo attivo e solare, e la comune religiosità, intesa come mero misticismo, di natura essenzialmente lunare e passiva.


Nel merito, la dottrina, come riportato chiaramente dalle fonti e dai classici nelle più diverse forme tradizionali, sono comunemente concordi in una precisa e non casuale differenziazione dei diversi approcci che l’uomo possa avere con il ‘Mondo del sovrasensibile’.


Al Perrotta bisogna tributare il merito di aver superato la diffusa e ripetuta confusione di domini circa l’esatta e correlata terminologia afferente alle differenziate sfere del Sacro, tra ciò che deve giustamente appartenere alla dimensione dogmatico–devozionale della religione e ciò che deve doverosamente essere di esclusiva pertinenza della conoscenza iniziatica.

Tale specificazione polare sussiste tramite due fondamentali del rapporto tra Uomo e Divino, nell’ambito della pratica operativa che vi si attua e nell’ambito microcosmico con cui tale o talaltra assunzione realizzativa si connette.


E’, pertanto, d’uopo evidenziare che la prima confusione da redimere è proprio quella tra culto e rito, tra una prassi religiosa invocatoria che ricerca fuori da sé la divinità, quale ente personificato, ed una prassi misterico–teurgica di natura essenzialmente evocatoria, in cui il soprasensibile è inteso come ‘potenza’ da far risorgere attivamente da se stessi: 

“Il religioso e il discepolo in magia cercano tutti due la conoscenza del mondo divino, il primo passivamente mettendo in pratica i precetti religiosi, il secondo attivamente tentando di forzare la natura umana ad entrare nel mondo invisibile per scoprire le leggi e servirsene come padrone per la conquista delle podestà divine…
… La santità si ottiene, la magia si conquista” . 
(Giuliano Kremmerz, Il Mondo Secreto, in La Scienza dei Magi, vol. I, Edizioni Mediterranee, Roma, p. 107)   


Per comprendere cosa si debba intendere per Sapienza – e ciò aiuterà a capire successivamente la vera natura del presente libro  – dobbiamo necessariamente affermare che Essa deve essere intesa assolutamente come una condizione dello Spirito, l’identificazione per quanto perfetta possibile dell’interiorità umana col ‘Mondo siderale del Divino’, la riscoperta del Sacro nell’aurificazione della pietra grezza che in sé dimora.

Ciò ci conduce a rappresentare il ‘Sapiente’ o il ‘Mago’, come un realizzato, come un Vivente eternamente presente, specchio cristallino dell’Ente–Uno, da cui promana la molteplicità fenomenica.


Tale rappresentazione si differenzia categoricamente da quelle che hanno posto in similitudine l’Arte Hermetica con la devozione o con il semplice sapere: basata, la prima, su di una passività dogmatica, ed il secondo, fondato su un’astrazione, imperniata su un’erudizione non sperimentale, la conoscenza occulta essendo, al contrario, attiva identificazione, agente trasmutativo permanente.

Pertanto l’Occulta Sapienza non può essere intesa come un insieme di contenuti veri e saggi, non come una sistematica organizzazione del pensiero, scaturendo dall’Io risvegliato e non dall’Ego dormiente della coscienza ordinaria e psicologica dell’uomo comune.

Essa è la sperimentazione interna del Divino, indi è oltre la razionalità pensante, è oltre la dimensione della pistis, della fede.


Continua...

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Dal libro:

… Le religioni, come più volte da noi indicato, sono abiti diversi che ricoprono in realtà gli stessi ‘Principi universali’; sono ‘Mondi’ distinti che conducono all’Uno.

Noi possiamo scegliere di seguire quale tradizione o quale percorso intraprendere per visionare e magari ‘visitare’ uno o più di questi ‘Mondi’, ma il fine sarà sempre il medesimo: Dio.

Una volta conquistata questa ‘iniziazione’, che mette la nostra coscienza in perfetta armonia con le dinamiche proprie della Geometria sacra di cui la vita stessa è pregna, entriamo in contatto diretto con l’essenza del Divino, cioè assimiliamo attraverso la nostra Mente e la nostra coscienza come la Sua essenza si sviluppa e continua ad emanare l’energia vitale all’interno di ogni particella della materia. 


Questa peculiarità è propria della cosiddetta ‘evoluzione platonica’ dei ‘Solidi’ che sono inequivocabilmente connessi alle emozioni dell’‘Anima dell’Universo’ e di conseguenza anche alle nostre anime.

Non si tratta di ‘creazione’ come viene esposta dalle varie religioni in cui Dio si separa da quest’ultima una volta terminata, ma una continua ‘emanazione’ in cui il Divino è presente in ogni dove, in ogni punto della galassia: Dio che agisce continuamente all’interno di ogni atomo presente in Natura.   


Tutte le storie esposte nelle varie tradizioni religiose dove si parla di un ‘Dio personale’ che avrebbe creato il mondo e si relazionerebbe con noi, il quale addirittura in passato avrebbe anche assunto un corpo fisico per mezzo dell’incarnazione o attraverso una Sua emanazione, come insegnato nel Cristianesimo e nel Vaishnavismo di cui ci siamo occupati nei nostri precedenti lavori, sono funzionali alla conoscenza di Dio per mezzo della devozione (correnti devozionali), ma a nostro avviso l’uomo deve fare uno sforzo in più se vuole realmente conoscere la reale natura di Dio; deve riuscire, in parole povere, a trascendere (senza rinnegare) queste dinamiche sentimentali e devozionali che sono alla base di ogni dottrina monoteistica per andare incontro all’Infinito, vale a dire verso la ‘dimensione metafisica’ in cui dimora la vera essenza di Dio, Spirito Supremo. 


Questo è possibile capirlo mediante l’Esoterismo dove tra le altre cose è presente quella scienza di cui ci stiamo occupando in questa ricerca: la Geometria sacra.     

La sola visualizzazione (anche interiore – ad occhi chiusi), oltre che la contemplazione, di queste speciali figure geometriche equivale ad una efficace meditazione in cui si mettono in moto all’interno di noi ‘energie emotive’ capaci di infondere ‘sostentamento energetico’ dal regno sottile e/o metafisico. 


Si tratta della stessa produzione emotiva che è connessa a quei ‘Principi universali’ di cui l’essenza creante dell’Anima mundi risulta essere realmente ‘Principio’ e ‘Causa’ incessantemente operosa di tutto ciò che ci circonda. 

I desideri sani, i ‘pensieri creanti’, sono ‘atti di luce’ che forgiano la nostra realtà, ossia sono capaci di purificare la nostra Mente e generare nuove concezioni esistenziali. 


Una volta riconquistate queste nozioni, secondo il processo di ‘anamnesi’, le ‘verità primordiali’ (archetipi) che sono alla base dell’intera esistenza sboccerebbero in noi come un giardino all’albeggiare di una nuova primavera.   


Continua…


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